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Elezioni e nuovo governo. Un "vincolo esterno" utile all'Italia


Si discute molto in questi giorni dell’influenza internazionale nella scelta del nuovo capo del Governo. Se n’è parlato soprattutto dopo la riunione del partito popolare europeo giovedì scorso, quando Mario Monti ha ricevuto un esplicito sostegno da parte di molti fra i leader presenti, a conferma della sua autorevolezza fuori dai confini nazionali. Alcuni commentatori hanno storto il naso e parlato di inopportune intrusioni.
Tralasciando le polemiche sul nuovo premier, che ovviamente dipenderà dalle scelte degli elettori, va ricordato che numerosi elementi di carattere internazionale - politici ed economici - influenzano da tempo (e positivamente) le nostre scelte. Guido Carli riferisce nelle sue memorie una riflessione di Alcide De Gasperi, che aveva accompagnato nel gennaio 1947 negli Usa in un viaggio di straordinaria importanza: l’allora Presidente del Consiglio non nascondeva ai suoi interlocutori un senso di noia quando gli si parlava di questioni economiche, tuttavia aveva compreso con lucidità che l'adesione alle istituzioni monetarie internazionali avrebbe costituito un vincolo esterno di una forza tale da garantire nel tempo l'ancoraggio dell’Italia alle economie di mercato e alle istituzioni della democrazia parlamentare. 
Tale convinzione era condivisa da diversi autorevoli leader politici del secondo dopoguerra, come il laico Ugo La Malfa, che credettero alla prospettiva europea nell’interesse della nazione, oltre che per prevenire nuovi conflitti. Effettivamente negli anni successivi l’Europa ha svolto questa funzione di “vincolo esterno”, aiutando il nostro Paese ad adottare una serie di comportamenti virtuosi che non sempre la classe politica era in grado di assumere autonomamente. Per questo appare fuori luogo la discussione sulle influenze internazionali verso l’Italia. Sarebbe strano il contrario, tenendo conto delle premesse storiche richiamate ma anche di numerose vicende attuali: dalla globalizzazione dei mercati, all’opinione pubblica ormai mondializzata fino alla crescente integrazione europea. Solo la convinta azione della Banca centrale europea – attuata a supporto delle scelte di risanamento attuate negli ultimi mesi –  ha permesso al nostro Paese di gestire ordinatamente il suo forte debito pubblico in una stagione di sfiducia dei mercati. In questo senso, più che interrogarsi riguardo a presunte intrusioni, occorre riflettere sull’autorevolezza di cui il nostro Paese ha bisogno a livello internazionale. Negli ultimi mesi ne abbiamo ritrovata molta e secondo alcuni osservatori Monti ne ha oggi più di De Gasperi al suo tempo. Si tratta di un bene scarso e quanto mai prezioso, nelle turbolenze di una crisi che non sembra finire. Non bisognerebbe allora interrogarsi su come mantenere e semmai accrescere tale autorevolezza, piuttosto che dolersi del suo riconoscimento da parte dei nostri partner europei?

Filippo Sbrana