Gli anziani profughi dalla Siria. Il dolore e la speranza
Sono giunti in mare sulle coste catanesi le scorse settimane. Profughi dalla Siria in guerra. Fra le tante storie raccolte dai volontari della Comunità di Sant'Egidio, colpiscono particolarmente quelle di due anziani. Non è usuale trovarsi con persone avanti negli anni che affrontano questi viaggi così lunghi e pericolosi. Le loro storie raccontano il dolore e la paura della guerra, ma anche la speranza di poter ricominciare a vivere.
Storia di Amal
"Abbiamo conosciuto Amal durante lo sbarco del 10 agosto a Catania. E' un'anziana musulmana di 73 anni e proviene dalla città Al Rastan in Siria. E' giunta in Italia con il figlio. E' stanca, ci racconta di aver fatto un lungo viaggio. All'inizio è molto silenziosa ed impaurita, ma quando le portiamo per il pranzo il tipico piatto siriano, il “Quozi”, timballo di riso e pollo, si scioglie e ci racconta che è scappata con il figlio e che nella sua città non è rimasto più nulla. Ha visto morire tanta gente: bambini, i suoi familiari, i suoi amici, e nelle lacrime ci racconta che la sua città era molto bella, che si viveva tutti insieme, sia cristiani che musulmani come tra fratelli. Ci dice tra le lacrime: “ho paura...voglio continuare a vivere, sono malata, ho il diabete...prendetevi cura di me e di mio figlio...il mio nome tradotto in italiano vuol dire speranza...prego Allah perchè qui in Italia io possa ritrovare la speranza di una vita più sicura, grazie Italia, grazie Sicilia, non ci lasciate soli! "
Continua a leggere su : www.vivaglianziani.it
Storia di Amal
"Abbiamo conosciuto Amal durante lo sbarco del 10 agosto a Catania. E' un'anziana musulmana di 73 anni e proviene dalla città Al Rastan in Siria. E' giunta in Italia con il figlio. E' stanca, ci racconta di aver fatto un lungo viaggio. All'inizio è molto silenziosa ed impaurita, ma quando le portiamo per il pranzo il tipico piatto siriano, il “Quozi”, timballo di riso e pollo, si scioglie e ci racconta che è scappata con il figlio e che nella sua città non è rimasto più nulla. Ha visto morire tanta gente: bambini, i suoi familiari, i suoi amici, e nelle lacrime ci racconta che la sua città era molto bella, che si viveva tutti insieme, sia cristiani che musulmani come tra fratelli. Ci dice tra le lacrime: “ho paura...voglio continuare a vivere, sono malata, ho il diabete...prendetevi cura di me e di mio figlio...il mio nome tradotto in italiano vuol dire speranza...prego Allah perchè qui in Italia io possa ritrovare la speranza di una vita più sicura, grazie Italia, grazie Sicilia, non ci lasciate soli! "
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