Record di povertà fra le famiglie italiane nel 2012
Il quarto Rapporto sulla Coesione sociale, presentato oggi da Inps, Istat e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, raccoglie numerosi indicatori sulla situazione economica e sociale degli italiani, utili a rappresentare la situazione nel nostro Paese e la sua collocazione in ambito europeo. I dati e le analisi del Rapporto sono organizzati in tre principali contesti: quello socio-demografico, economico e del mercato del lavoro, quello della famiglia e della coesione sociale ed infine il contesto della spesa e degli interventi per la coesione sociale da parte delle amministrazioni pubbliche e servizi sociali.
In quest'articolo ci soffermeremo sui dati relativi all'andamento della povertà nel contesto delle famiglie italiane. Gli indicatori più preoccupanti sono quelli relativi alla povertà relativa ed assoluta, che l'ISTAT sta monitorando ormai da 15 anni. Ed è proprio la "serie storica" che registra l'andamento della povertà relativa ad assegnare al 2012 il record negativo, con un'incidenza del 12,7% di famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Dieci anni prima, nel 2002, il valore di incidenza della povertà relativa in Italia si attestava al 11% con un 5% al Nord e il 22,4% nel mezzogiorno. Nel 2012 si nota non solo una crescita del valore medio relativo all'Italia, con il 12,7% di famiglie in povertà relativa, ma si evidenzia un aumento del divario tra nord e sud, con un'incidenza del 6,2% di povertà relativa al nord (+1,2 punti dal 2002) e del 26,2% (+3,8 punti dal 2002) nel mezzogiorno. Possiamo vedere questi dati riassunti nel grafico riportato in alto.
Per comprendere il significato di questi valori occorre ricordare che la stima della povertà relativa si basa sull'uso di una linea di povertà nota come "International Standard of Poverty Line" (Ispl) che definisce "povera" una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite (per famiglie di diversa ampiezza viene utilizzata una scala di equivalenza). L'incidenza di tale fenomeno, ovvero la proporzione tra il numero di famiglie (o individui) in condizione di povertà e il numero di famiglie (o individui) residenti ci fornisce il dato percentuale che abbiamo appena riportato. L'ISTAT fornisce riguardo alla povertà relativa anche un secondo indicatore che misura l'intensità del fenomeno ovvero «quanto poveri sono i poveri», indicando di quanto, in termini percentuali, la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere risulti inferiore alla linea di povertà. Quest'ultimo indicatore ha visto un leggero miglioramento fra il 2011 e il 2012, passando dal 21,1% al 19,9%.
Se andiamo invece ad analizzare la povertà assoluta, dove la soglia di povertà è definita rispetto a un paniere minimo di beni sufficiente ad assicurare la sopravvivenza della famiglia, notiamo come nel 2012 questa riguardi il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%).
Nel corso degli anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Le famiglie con tre o più minori risultano relativamente povere nel 17,1% dei casi, con un balzo in avanti di circa 6 punti percentuali solo tra il 2011 e il 2012. Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest’ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005.
La povertà relativa mostra alcuni segnali di miglioramento fra gli anziani; tuttavia, una vulnerabilità in termini economici permane soprattutto nel Mezzogiorno, dove risulta relativamente povero il 27,2% degli anziani (7,9% quelli assolutamente poveri).
Infine nel 2012 l’indicatore sintetico “Europa 2020”, che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, è crescendo di più di 3 punti percentuali dal 2010, raggiungendo quasi il 30% soglia superata, tra i paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia.
In quest'articolo ci soffermeremo sui dati relativi all'andamento della povertà nel contesto delle famiglie italiane. Gli indicatori più preoccupanti sono quelli relativi alla povertà relativa ed assoluta, che l'ISTAT sta monitorando ormai da 15 anni. Ed è proprio la "serie storica" che registra l'andamento della povertà relativa ad assegnare al 2012 il record negativo, con un'incidenza del 12,7% di famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Dieci anni prima, nel 2002, il valore di incidenza della povertà relativa in Italia si attestava al 11% con un 5% al Nord e il 22,4% nel mezzogiorno. Nel 2012 si nota non solo una crescita del valore medio relativo all'Italia, con il 12,7% di famiglie in povertà relativa, ma si evidenzia un aumento del divario tra nord e sud, con un'incidenza del 6,2% di povertà relativa al nord (+1,2 punti dal 2002) e del 26,2% (+3,8 punti dal 2002) nel mezzogiorno. Possiamo vedere questi dati riassunti nel grafico riportato in alto.
Per comprendere il significato di questi valori occorre ricordare che la stima della povertà relativa si basa sull'uso di una linea di povertà nota come "International Standard of Poverty Line" (Ispl) che definisce "povera" una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite (per famiglie di diversa ampiezza viene utilizzata una scala di equivalenza). L'incidenza di tale fenomeno, ovvero la proporzione tra il numero di famiglie (o individui) in condizione di povertà e il numero di famiglie (o individui) residenti ci fornisce il dato percentuale che abbiamo appena riportato. L'ISTAT fornisce riguardo alla povertà relativa anche un secondo indicatore che misura l'intensità del fenomeno ovvero «quanto poveri sono i poveri», indicando di quanto, in termini percentuali, la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere risulti inferiore alla linea di povertà. Quest'ultimo indicatore ha visto un leggero miglioramento fra il 2011 e il 2012, passando dal 21,1% al 19,9%.
Se andiamo invece ad analizzare la povertà assoluta, dove la soglia di povertà è definita rispetto a un paniere minimo di beni sufficiente ad assicurare la sopravvivenza della famiglia, notiamo come nel 2012 questa riguardi il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%).
Nel corso degli anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Le famiglie con tre o più minori risultano relativamente povere nel 17,1% dei casi, con un balzo in avanti di circa 6 punti percentuali solo tra il 2011 e il 2012. Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest’ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005.
La povertà relativa mostra alcuni segnali di miglioramento fra gli anziani; tuttavia, una vulnerabilità in termini economici permane soprattutto nel Mezzogiorno, dove risulta relativamente povero il 27,2% degli anziani (7,9% quelli assolutamente poveri).
Infine nel 2012 l’indicatore sintetico “Europa 2020”, che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, è crescendo di più di 3 punti percentuali dal 2010, raggiungendo quasi il 30% soglia superata, tra i paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia.
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