I giusti non cambiano il mondo, ma salvano la speranza nell’umanità
Milioni di visitatori ogni anno visitano a Gerusalemme Yad Vashem (che significa letteralmente "un monumento e un nome"), l'Ente nazionale per la Memoria della Shoah. In esso sono ricordati i "Giusti tra le nazioni", non ebrei di diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah».
Ai Giusti, uomini e donne che hanno compiuto gesti di umanità in situazioni disumane, ha dedicato diverse pubblicazioni Gabriele Nissim. Nel volume La bontà insensata, uscito pochi anni fa, Nissim ci offre diversi profili biografici di giusti che hanno operato non solo a favore degli ebrei, ma per tutti i popoli toccati da crimini contro l’umanità. Si tratta di uomini e donne dalle vite profondamente diverse tra loro per idee politiche, cultura, religione, provenienza geografica. Tra di essi si annoverano nazisti, fascisti, faccendieri, ladri, persone moralmente irreprensibili, prostitute. Percorsi di vita assai diversi, ma accomunati dal convincimento di potersi ergere contro il male, anche in maniera inaspettata. Uomini e donne che “credono nelle possibilità dell’uomo, pur sapendo che l’uomo sceglie il più delle volte le strade peggiori”. Il giusto è colui che in circostanze drammatiche “è capace di diventare amico di un prossimo a lui sconosciuto e si assume il compito di riparare ai torti da lui subiti. Compie così un’autentica magia: trasforma un estraneo in un suo amico e si prende cura di lui”. I giusti non sono persone senza macchia, tutt’altro. Molti giusti misero in discussione il loro essere, avvertendo il bisogno di purificarsi: tanti di loro si interrogarono sulla moralità delle loro mansioni, avvertendo la possibilità di modificare il corso degli avvenimenti e di aiutare degli esseri umani. Talvolta, i giusti sono state persone vittime di profondi pregiudizi perchè autori di gesti inaspettati. Perchè in fondo è facile credere che chi è stato dalla parte sbagliata è destinato a restarci sempre. Si perde così l’opportunità di comprendere il miracolo del cambiamento dell’uomo.
Quasi sempre “i giusti non cambiano il mondo, ma salvano la speranza nell’umanità”. Può diventare giusto anche colui che, “una sola volta nella sua esistenza, in un unico giorno della sua vita, di fronte a u sopruso, a un solo uomo perseguitato, a una sola menzogna, ha il coraggio di rompere il conformismo e di compiere un solo atto di bene, di amore, di giustizia. Ciò che contraddistingue un atto di bene è il travaglio interiore e l’assunzione di responsabilità“.
Spesso le storie dei giusti sono di scarso interesse per gli storici perchè i loro comportamenti hanno lasciato pochi segni o non hanno modificato, in maniera profoda, il corso della storia. In tanti pensano che solo la grande politica, l’economia, la guerra e quant’altro muovono i grandi avvenimenti storici. Spesso la “bontà insensata”, il cui concetto fu per la prima volta espresso da Vasilij Grossman nell’epico volume Vita e destino, non ha importanza per i cronisti del nostro tempo. Eppure i narratori dei giusti ci aiutano – ci ricorda Nissim – a riportare prepotentemente nella storia la memoria degli uomini che con i loro atti di amore hanno posto argine al dilagare dell’odio. Chi preserva la memoria del male quando lo si vuole dimenticare, desidera impegnarsi per salvaguardare l’umanità dalla guerra e dall’odio. Salvaguardia dell’umanità che passa anche per la via del perdono, “pilastro della convivenza civile”. Il perdono per ricominciare da capo, per non farsi avvelenare dall’odio, per aprire la strada alla ricomposizione delle ferite.
Antonio Salvati
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