Commenti: La novità del primo papa della globalizzazione
Una riflessione a più voci ci sta aiutando a comprendere come la novità di papa Francesco sia anche risposta alla novità della storia che il suo pontificato si è trovato ad attraversare, alla novità della globalizzazione.
Piero Schiavazzi, su “Limes”, ha sottolineato il carattere inedito del “primo Giubileo ‘antiromano’ della storia, eccentrico ed ecumenico, decentrato dall’Urbe e dislocato nell’Orbe, con le sue 10000 e passa porte da passare, spontanee ed estemporanee” (http://www.limesonline.com/francesco-chiude-il-primo-giubileo-della-globalizzazione/95413).
Qualcosa non certo fine a se stesso, ma contrappunto allo s-centrarsi dei conflitti, dei drammi, delle inquietudini del nostro mondo: “Simmetrico e sperimentale, il Giubileo globale ‘a pezzi’ di Bergoglio si è riversato sui pezzi della Terza Guerra Mondiale, di volta in volta, ossia sulle faglie delle disuguaglianze, prima che diventino crepe irreparabili e spacchino l’umanità in due”.
Andrea Riccardi, d’altra parte, ha inquadrato su “Sette” papa Francesco come il “primo Papa globale”, pienamente inserito in “un mondo immenso e cangiante” (http://www.riccardiandrea.it/search?updated-min=2016-01-01T00:00:00%2001:00&updated-max=2017-01-01T00:00:00%2001:00&max-results=50). Il suo sogno è quello di “una Chiesa larga, misericordiosa e attrattiva, che parta dai più poveri. Un'utopia? Non pochi lo pensano. I critici delineano un altro modello di Chiesa, che attribuisce priorità ai valori tradizionali: un nazional-cattolicesimo, in cui l’identità nazionale dovrebbe fare da argine all’invadenza del mondo globale”.
Ma un tale modello ecclesiale non è proprio il modello bergogliano. Che coglie come la necessità del tempo che viviamo sia un’altra, come la risposta della Chiesa alla globalizzazione debba fare aggio sull’apertura, e non sulla chiusura.
Nella sua intervista a TV2000 il pontefice ha ribadito: “Che il Giubileo non sia stato fatto soltanto a Roma, ma in ognuna diocesi del mondo, nelle diocesi, nella cattedrale e nelle chiese che il vescovo avesse indicato, quel fatto ha universalizzato un po’ il Giubileo. E ha fatto tanto bene. Ha fatto tanto bene. Perché era tutta la Chiesa che viveva questo Giubileo, era come un’atmosfera di Giubileo. E le notizie che vengono dalle diocesi parlano di avvicinamento alla Chiesa della gente, di incontro con Gesù, l’incontro … tante cose belle … Io dirò: è stato una benedizione del Signore e anche, non dirò il punto finale, ma un passo avanti grande del processo che è incominciato con il Beato Paolo VI, e poi con San Giovanni Paolo II”.
Francesco De Palma
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