Il Nobel per la Pace a Santos, presidente della Colombia: “C’è una guerra in meno nel mondo”
L’elenco dei paesi, delle zone del mondo in guerra è lungo. Fa impressione nominarli uno per uno. A leggerlo non stupisce che papa Francesco e tanti altri parlino ormai di “guerra mondiale a pezzi”.
Ma quell’elenco si è accorciato. Uno dei pezzi travolti dalla bufera del nuovo disordine mondiale si è ricomposto. Ovvero, come ha detto ad Oslo il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace, “c’è una guerra in meno nel mondo”.
Una guerra in meno. Vuol dire meno morti, meno feriti, tante meno sofferenze, tante meno lacrime. Nel caso della Colombia significa che bastano “più di 220000 donne, uomini, bambini, uccisi nel corso della guerra”, “più di otto milioni di vite dei profughi interni la cui vita è stata devastata dal conflitto”, in quella che è stata la contrapposizione armata di più lunga durata nell’emisfero occidentale.
Il discorso di Santos è interessante. Sono le parole di un uomo di visione, ma al tempo stesso realista. Di un politico che sa “come a volte sia più facile fare la guerra che la pace”, che ha visto il proprio popolo preferire il “No” al “Sì” nel referendum convocato per ratificare il primo accordo siglato con la guerriglia delle FARC.
“Per la grande maggioranza di noi”, ha ammesso, “la pace sembrava un sogno impossibile”. Ma - ha continuato - “come la stessa vita umana”, la storia “è un processo con molte sorprese”. Tra queste, “come un dono dal cielo”, l’annuncio del Nobel per il raggiungimento della pace in Colombia, un riconoscimento di solito ex post, che stavolta si è trasformato in qualcosa di anticipatorio, di profetico: “Il colpo di coda” della storia “che ci ha aiutato a raggiungere la nostra destinazione”, che ha reso “possibile l’impossibile”.
L’uomo realista scopre la possibilità di un cambiamento radicale. L’uomo tentato dallo scoraggiamento o dalla rassegnazione scopre motivi di tenacia, ragioni di speranza: “Quando ci si sente stanchi, quando ci si scopre pessimisti, parlate con le vittime. Loro vi daranno un impulso nuovo e la forza di andare avanti”. Perché “questo è il grande paradosso che ho sperimentato: mentre molti che non avevano direttamente sofferto per il conflitto erano riluttanti ad accettare la pace, le vittime vere erano tra i più disposti a perdonare, a riconciliare, a guardare al futuro con un cuore libero dall’odio”.
Una lezione preziosa. Da assumere con più convinzione, da far maturare nei cuori e nelle menti di tanti: “L’accordo di pace in Colombia è un raggio di speranza in un mondo così travagliato come il nostro, e prova che ciò che a prima vista sembra impossibile, attraverso la perseveranza, può diventare possibile”. “Perfino in Siria, o nello Yemen, o in Sud Sudan”.
Che l’elenco dei paesi in guerra possa accorciarsi ancora, che le sorprese della storia possano essere ancora tante e positive, che anche altre zone del mondo possano vivere il miracolo dell’impossibile che diviene possibile!
Francesco De Palma
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