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Il Facebook monopolio

Due miliardi di persone nel mondo utilizzano Facebook. Non ci sono attualmente sul nostro pianeta realtà aggregative di alcun tipo più grandi di questa. Né fra le nazioni, in cui quella più popolosa, la Cina, arriva a 1 miliardo e 387 milioni, né fra le comunità religiose a meno di non mettere insieme i cristiani di tutte le confessioni. Quello che però ci deve far riflettere non è tanto il primato numerico, ma altri aspetti in cui questo social media non teme confronti e che si giocano sul piano della comunicazione. Capillare e quotidiana. Quasi due terzi degli utenti di Facebook si collega infatti ogni giorno a tale strumento e in Italia sono 24 milioni, di tutte le età. Se negli ultimi anni nel nostro paese diminuiscono un po’ le fasce di età più giovani, aumentano però notevolmente quelle della popolazione adulta. Diversamente dai giornali che vanno acquistati, le informazioni arrivano gratuitamente e fra i post dei tuoi “amici” passano le notizie sponsorizzate, che possiamo certo ignorare, ma che inesorabilmente ci passano davanti su dispositivi che ci portiamo appresso, in qualsiasi momento. 
Nell’Unione Europea e in un'altra trentina di nazioni Facebook è  il social network numero uno, usato da una percentuale che in alcuni stati arriva al 90 % della popolazione. E’ un po’ come se due miliardi di persone nel mondo leggesse lo stesso giornale o guardasse ogni giorno lo stesso canale televisivo.  Neutrale, rassicura il fondatore e CEO Mark Zuckerberg, non solo perché tutti possono essere autori delle informazioni veicolate dal social network, ma perché, sempre a suo dire, sono gli algoritmi e non gli esseri umani a garantire l’imparzialità del sistema.
Ma se qualche dubbio vi è venuto, pur volendo sinceramente credere alla buona fede di Zuckerberg quando ribadisce che Facebook sia solo una piattaforma neutrale che aiuta a diffondere i contenuti più disparati, aumentando il tasso di libertà e condivisione tra le persone che lo usano, molti aspetti fanno pensare che tale strumento mediatico, capillare e quotidiano, abbia tutte le caratteristiche di un monopolio mediatico. Che, non dimentichiamo, vive, e non certo solo sopravvive, di pubblicità, ovvero delle notizie sponsorizzate che scorrono e si accavallano fra i post dei tuoi amici. Notizie che possono essere evidenti pubblicità, ma anche subdole fake news. Se queste ultime sono un problema evidente di cui facilmente possono approfittarsi i poteri economici e politici, ci sono altri aspetti meno evidenti che devono metterci in guardia verso la presunta neutralità di Facebook. Il punto critico è il complesso di algoritmi che regola il cosiddetto News Feed, ovvero che sceglie quali contenuti appaiono nella nostra pagina Facebook.
Se un tempo questa  era una semplice sequenza dei post degli “amici” in ordine cronologico, ad un certo punto a causa dell’enorme numero di post pubblicati in ogni momento, per offrire notizie più apprezzate, Facebook ha deciso di introdurre un algoritmo che usa diversi criteri per stabilire in che ordine mostrarci i post. In base ai diversi like, alle condivisioni e ai commenti questo arbitro virtuale, progettato, vogliamo crederlo, per essere imparziale, regola il flusso di notizie. Ma ogni criterio si può manipolare e non è detto quindi che tali algoritmi aiutino veramente la democrazia. Anzi. Quello che leggiamo non è democrazia digitale, ma quello che la bolla mediatica ci propone, come ben spiegato in questo articolo di questo stesso blog.

Non dimentichiamo anche che il social media in questione non offre solo informazioni, ma le raccoglie anche. Con un parallelo con la società immaginata da George Orwell in 1984, Bauman si è soffermato sul potere della rete e dei social network “Ogni volta che si usa il cellulare, quell’azione viene registrata per sempre, c’è qualcuno da qualche parte che sa esattamente dove vi trovate, sa chi siete, dove siete… C’è qualcuno che segue le vostre attività quotidiane e questo diventa di enorme interesse a livello di potere politico ed economico. Zuckerberg guadagna soldi proprio grazie a queste situazioni. Ma a differenza del protagonista orwelliano, oggi non abbiamo paura di esser visti troppo, abbiamo paura di non essere notati, abbiamo paura della solitudine, il virus che mina e compromette il senso della vita è l’esclusione e l’abbandono. E su questo traggono vantaggio i social network”. (Zygmunt Bauman, conferenza a Firenze, 2016)  

E’ cronaca che la stessa Facebook ha rivelato di aver venduto negli ultimi due anni circa 100mila dollari in news sponsorizzate legate ad account falsi, riconducibili probabilmente alla Russia. Nei messaggi pubblicitari non si faceva espresso riferimento al voto, ma toccavano argomenti rilevanti per la campagna elettorale degli Stati Uniti, dove, badate bene, il 43% dei cittadini dichiara di leggere le notizie proprio sui social network dove il mercato della pubblicità è in mano per l’85% proprio a Facebook e a Google.  

Dopo che avrò pubblicato questo post e lo avrò condiviso su Facebook, perché volenti o nolenti ci siamo dentro o dobbiamo comunque farci i conti (e molto probabilmente hai trovato questo articolo proprio grazie a Facebook), riceverò come è usuale la mail dall’Ads Team di Facebook che mi consiglierà di fare una promozione (ovvero forzare a suon di euro le possibilità che questo post appaia nella News Feed del network).
Ho fatto un esperimento provando a inserire la cifra più alta possibile che indicasse la dimensione del pubblico raggiungibile. Con 80.000 Euro potrei raggiungere 18 milioni di italiani.
Ho anche provato a inserire la cifra più alta accettata per una sponsorizzazione, 1.000.000 di euro, ma in questo caso la cifra del possibile pubblico raggiungibile non viene mostrata. Fortunatamente non mi è cascato qualche cosa sul tasto “Conferma” e non ho potuto lanciare questa Social Slot Machine. Forse avrei potuto vincere il raggiungimento dei due miliardi di utenti, ma, ora che vi ho messo in guardia e invitato a vigilare, mi accontento del vostro libero arbitrio: liberi di mettere mi piace e di condividere


Marco Peroni

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