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Connessi ed isolati


Per lo psichiatra tedesco Manfred Spitzer la crescente urbanizzazione รจ una delle cause che favorisce la diffusione della solitudine. Nel secolo scorso viveva nelle cittร  il trenta per cento della popolazione mondiale, oggi il cinquanta per cento. Si sono indebolite le relazioni stabili e le sue figure si sono sfumate, ha piรน volte detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunitร  di Sant’Egidio. La morte del prossimo – come direbbe Luigi Zoja - รจ anche la fine dei contorni comunitari che hanno nei decenni passati accompagnato l’esistenza, facendo da sfondo, costituendo sovente una rete. Oggi tutto questo รจ molto infragilito. Complessivamente la condizione prevalente รจ la solitudine, che per Riccardi riguarda soprattutto gli anziani, una porzione cosรฌ importante della nostra societร , per i quali – con gli anni - si rarefร  il tessuto sociale e familiare. La condizione di vita degli anziani rivela la qualitร  di una societร  o di una civiltร , mostrando un processo contraddittorio: «la conquista della longevitร  รจ un sogno realizzato, ma anche una fragilitร ». L’anziano รจ rivelatore del bisogno umano profondo di comunitร  o di rete umana. Del resto anche i poveri sono in genere gente sola. Povertร  e solitudine si accompagnano. Mentre la solitudine, in genere, rende povero o piรน povero chi non lo รจ.


Alla solitudine dell’uomo d’oggi, Spitzer dedica un saggio Connessi e isolati (Corbaccio), il cui titolo, un ossimoro, mette in evidenza le profonde contraddizioni che ruotano attorno all’iperdigitalizzazione che, seppur dichiara di aiutarci a conoscere un numero crescente di persone, favorisce invece insoddisfazione e, soprattutto, solitudine. Nel sottotitolo la solitudine รจ definita un’epidemia silenziosa, ossia non un semplice sintomo di diverse patologie psichiche, ma – come dimostrano diverse ricerche - una malattia a se stante che provoca dolori cronici, che รจ contagiosa ed รจ addirittura fra le principali cause di morte nel mondo occidentale. Quale solitudine – si potrebbe obiettare  - se viviamo accanto a tantissima gente. Ma nelle grandi cittร  – avverte Spitzer - «le persone non s’incontrano, si incrociano». L’urbanizzazione, inoltre, favorisce l’attuale tendenza alla vita da single: da anni il CENSIS ci informa che i matrimoni diminuiscono, si fanno pochi figli, le case sono sempre piรน piccole, e gli stessi miglioramenti economici favorendo l’autonomia favoriscono anche l’individualismo. Non si dร  piรน valore alla comunitร .
Sui social Spitzer non usa mezzi termini: «la reale funzione di Facebook, Twitter, Instagram e tutti gli altri social network รจ la pubblicitร , il loro รจ un modello commerciale» e «I social stanno ai rapporti interpersonali reali come i pop corn stanno alla sana alimentazione: ci si aspetta di provare gioia tra amici e ciรฒ che in veritร  si ottiene รจ solo aria fritta».
La solitudine, che puรฒ essere una prima fase della depressione, provoca stress e quindi porta con sรฉ una maggiore disposizione a ipertensione, a problemi cardiovascolari, a disturbi del metabolismo, a patologie polmonari e perfino a malattie infettive, perchรฉ indebolisce il sistema immunitario. Diversi esperimenti dimostrano – spiega Spitzer - che chi soffre di solitudine prende piรน facilmente l’influenza!
Si puรฒ curare, superare la solitudine?  Certamente e con diverse modalitร . Ci limitiamo a indicarne una. A qualsiasi etร  รจ fondamentale sviluppare, migliorare i contatti diretti. In tal senso, รจ sempre molto molto dannosa, o quanto meno problematica, la frequentazione dei social per i giovanissimi: «ostacola l’apprendimento delle competenze sociali, perchรฉ non avendo davanti l’interlocutore non si puรฒ misurare lo svolgimento di una relazione attraverso gli sguardi, le espressioni facciali e corporee che sono gli indicatori delle emozioni suscitate. Cosรฌ non si impara a sviluppare l’empatia, una funzione profondamente radicata nella biologia umana, che รจ la vera ricetta per la felicitร , perchรฉ รจ dimostrato che l’egoriferimento, oggi cosรฌ dilagante, non produce soddisfazioni autentiche e durature come succede nelle relazioni prosociali. Tutte le ricerche lo confermano: come giร  diceva Aristotele, l’uomo รจ un essere socievole, per stare bene ha bisogno di essere inserito in una comunitร » (Spitzer). In merito alla connessione, alcuni dati resi noti dall'ultimo Global Digital Report di We Are Social e Hootsuite sono sicuramente degni di nota. Nell'ultimo anno nel mondo gli utenti di Internet sono cresciuti di 1 milione al giorno, facendo arrivare la cifra totale a 4 miliardi e 390 milioni di persone. Sul fronte dei social, gli utenti sono arrivati a 3 miliardi 480 milioni di persone, con una crescita nell'ultimo anno di 288 milioni di utenti. L'utente medio trascorre mediamente sui social ogni giorno 2 ore e 16 minuti (1 minuto in piรน dell'anno scorso) pari a poco meno di 35 giorni all'anno. Ovviamente non tutti i Paesi sono uguali. In Italia il tempo medio speso su Internet da qualsiasi dispositivo (pc, tablet o smartphone) รจ di 6 ore 4 minuti. Di questi, 1 ora e 51 minuti al giorni li passiamo sui social, 2 ore e 57 minuti guardando programmi tv (in streaming o su piattaforme come Netflix) e 44 minuti al giorno ascoltando musica (piรน su YouTube che su Spotify). Questi e altri dati sono raccolti nel Report di We Are Social e Hootsuite che richiederebbero riflessioni accurate. Forse la piรน ovvia รจ la seguente: si risolve ben poco cancellando certi oggetti dalle nostre vite; ciรฒ che veramente conta รจ imparare  - come ripete spesso Rancilio sulle pagine di Avvenire - ad educarci tutti (bambini, ragazzi, adulti e anziani) a usarli nel modo migliore senza farci usare da loro. E senza cadere nelle semplificazioni.

Antonio Salvati

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