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La "formula" del fascismo: "Noi contro loro"

Il clima odierno è quello degli anni ’30? Mutatis mutandis, un nuovo fascismo è alle porte?
Una risposta per certi versi definitiva è quella che dà Jason Stanley, americano, figlio di rifugiati europei scampati alla II Guerra Mondiale, docente di Filosofia all’Università di Yale, autore di un volume agile quanto chiaro e ricco di spunti, “Noi contro Loro. Come funziona il fascismo” (Solferino). 

Stanley, pur consapevole del rischio insito in ogni generalizzazione, identifica i tratti distintivi, e ricorrenti, di ogni vento o movimento fascista: la divisione, la separazione da un “noi” e un “loro”; e poi l’invenzione di un passato mitico, il vittimismo, la distorsione del linguaggio a fini di propaganda, la creazione di uno “stato di irrealtà in cui le teorie cospiratorie e le notizie false sostituiscono i dibattiti ragionati”.
Man mano che questo procedere è messo in esecuzione, partendo dai segmenti meno avvertiti della società - “la propaganda deve essere indirizzata verso le fasce meno istruite della popolazione, per suscitare emozioni, ansie e paure” -, cresce la disumanizzazione e la demonizzazione di “loro”, mentre “quanti fanno parte del ‘noi’ finiscono per incarnare tutto ciò che è virtuoso”. 
Ed allora “‘loro’ sono criminali, ‘noi’ commettiamo errori”. “Noi” siamo lavoratori onesti e “loro” sono profittatori. “Noi” facciamo e “loro” prendono.
Nel breve tutto ciò può funzionare. Anche se non per molto: “Uno stato basato sul conflitto tra ‘noi’ e ‘loro’ prima o poi è destinato a sfaldarsi”, avverte Stanley: “Quel paese non sarà mai una comunità pacifica in cui ai bambini si insegna a provare empatia per gli altri esseri umani”. 
Consapevoli di tutto questo, e ammaestrati dalla storia, si tratta di resistere all’onda di questo fascismo 2.0, cercando di far sì che il meccanismo non prenda piede, che la falsità dell’opposizione “noi-loro” sia sempre più evidente: “Rifiutandosi di farci fregare dai miti fascisti, restiamo liberi di confrontarci gli uni con gli altri, ciascuno con le proprie diversità, senza demonizzare nessuno”, conclude l’autore.

Francesco De Palma

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