Tutti contro tutti ...
Ne “La guerra di tutti” (Minimum fax) Raffaele Alberto Ventura ragiona sulla crisi della società liberale, del mondo in cui viviamo. Lo fa muovendosi fra una molteplicità di testi e di riferimenti culturali di altro tipo, film, canzoni, fumetti, serie tv. Lo fa portando avanti le tesi del suo precedente lavoro, “Teoria della classe disagiata”, l’idea che la “paura del declassamento”, di una discesa sociale irreversibile, analoga e contraria all’ascesa dei decenni “gloriosi”, porti alla “guerra di tutti contro tutti”.
Ventura sostiene che “l’Occidente è in guerra contro se stesso”: “Tutto il nostro ordine sociale era costruito su dei valori. Prima erano quelli cristiani, poi lo sono stati quelli illuministi, che erano una specie di favola, una narrazione che facevamo a noi stessi ed era il modo di legittimarci come società. Se però ci arrendiamo a una specie di ‘mors tua vita mea’”, ci troviamo in una crisi morale molto forte”.
Il “mors tua vita mea” è il tradimento dei nostri valori di fronte all’emersione della società multiculturale, davanti al crescere della diseguaglianza economica, dinamiche che hanno caratterizzato la fine del Novecento.
I percorsi assimilativi non funzionano più, si sono anzi messi in moto dei processi “dissimilativi”. Il benessere promesso non è più quello di una volta, suscitando il montare di un sordo risentimento, del “sentimento di non aver ottenuto quello che si pensava di meritare”. Credo - dice l’autore in un’intervista - “che il risentimento sia la principale chiave di lettura della rabbia dei nostri giorni. La rabbia di chi è deluso è molto più forte della rabbia di chi vuole qualcosa che non ha”.
Del resto, le linee di faglia che attraversano la società sono, come in un quadro di Fontana, molto più numerose e profonde di quel che si potrebbe pensare: oggi si è in grado di costruirsi una propria “visione del mondo”, una propria verità, in maniera facile e veloce. La disintermediazione permessa dai nuovi media libera pulsioni e rancori come in una reazione a catena e non è più facile ricorrere alla catarsi garantita dal confronto politico del passato, dall’alternarsi dei governanti. Stiamo perdendo il controllo del linguaggio, dei “segni”, delle rappresentazioni. La parola si fa pietra, e non solo in senso metaforico.
Il risultato è una potenziale guerra di tutti contro tutti, il frutto avvelenato della crisi dell’Occidente è una polarizzazione radicale che si incrocia con l’atomizzazione sociale, portando alla fine del “miracolo sociale” (Bossy).
Si tratta di lavorare per restaurare quel miracolo, ripetendo lo sforzo compiuto all’inizio dell’età moderna con la costruzione dello stato nazionale, ma operando su una scala molto più vasta, e con una coscienza ben più avvertita. Ventura propone il recupero del concetto di sovranità, non come esasperazione di un “io” o di un “noi” contrapposti, bensì come arbitrato tra i corpi di cui la società si compone, ovvero come “disciplinamento dei segni”, del linguaggio, del discorso. Il mondo dei social, quello dell’educazione, l’agire politico, il magistero religioso, etc., potranno allora essere non il problema, ma parte della soluzione.
Francesco De Palma
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