La santità secondo papa Francesco
A sette mesi dall’elezione sul trono di Pietro di papa Bergoglio, e dopo la celebrazione della festa di Tutti i Santi, si può tentare di delineare i tratti della santità secondo papa Francesco.
Va detto innanzitutto che anche Francesco, come già Benedetto XVI, ha preferito non partecipare direttamente alle cerimonie di beatificazione. Era, questa, un’abitudine di Giovanni Paolo II, che aveva spesso fatto coincidere le proclamazioni con le proprie visite pastorali in giro per il mondo. Ratzinger era tornato all’antica consuetudine (le beatificazioni, al contrario delle canonizzazioni, non impegnano il magistero ex cathedra) e Bergoglio ha scelto di continuare sullo stesso registro.
Il papa sottolinea comunque il valore delle varie beatificazioni - e delle canonizzazioni - al momento dell’Angelus, facendone in genere occasione della prima riflessione dopo quella legata al passo evangelico del giorno in questione.
Normalmente il riferimento è piuttosto breve, un cenno alla vita del nuovo beato, un altro al messaggio intrinseco all’autorizzazione di culto. Il tutto si conclude con una breve formula, “Rendiamo grazie a Dio per la sua testimonianza”, “Lodiamo il Signore per la sua testimonianza”, e così via.
In tre occasioni, però, papa Francesco si è soffermato sulla figura di chi era appena salito agli onori degli altari, ricordando due sacerdoti e un seminarista.
E’ stato il caso di Giuseppe Puglisi, martire, ucciso dalla mafia nel 1993: “Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”.
Quello del “cura” Brochero, sacerdote argentino: “Spinto dall’amore di Cristo si dedicò interamente al suo gregge […]. Stava con la gente, e cercava di portare tanti agli
esercizi spirituali. Andava per chilometri e chilometri, cavalcando le montagne, con la sua mula”.
Quello di Rolando Rivi, seminarista emiliano, ucciso nel 1945 a 14 anni in odio alla fede: “Un giovane coraggioso, che sapeva dove doveva andare, conosceva l’amore di Gesù nel suo cuore e ha dato la vita per Lui. Un bell’esempio per i giovani!”.
Ecco, sembra che le figure agiografiche particolarmente care al cuore di Jorge Mario Bergoglio siano quelle che più da vicino incarnano la Chiesa da lui sognata, una Chiesa capace di uscire verso gli altri, in maniera non autoreferenziale, una Chiesa che odora dell’odore delle pecore, che si manifesta nella fedeltà, nella tenerezza, nella misericordia.
E’ questa Chiesa che può essere luce nel mondo e sale della terra. E’ questa santità che “è più grande di ogni scandalo", dice il papa.
E che vive in tutte le componenti del popolo di Dio: “Mai la Chiesa è stata tanto bene come oggi, è un momento bello della Chiesa, basta leggerne la storia. C’è una santità quotidiana di tanti uomini e donne, e questo dà speranza”. Perché “ogni cristiano è chiamato alla santità e la santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. È l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia”.
I santi, per papa Francesco, non sono superuomini. “Sono come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze”. Ma “nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa”.
Francesco De Palma
Francesco De Palma
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