43 minuti d'agonia!
L’orrenda morte di Clayton
Lockett, 38 anni, condannato alla pena capitale in Oklahoma, riaccende la
polemica sull’utilizzo della condanna a morte quale pena ultima per i “cosiddetti”
crimini più efferati.
Tutto è iniziato lunedì
pomeriggio (notte qui in Italia), quando Clayton Lockett veniva eseguito per
aver commesso un crimine particolarmente violento.
Tutto nella “norma”, almeno
secondo gli standard americani. Lui un afroamericano, “nero” per i più
integralisti, di estrazione sociale bassa che con molta probabilità aveva
vissuto una vita povera e segnata dalla violenza era sdraiato sul solito
lettino, nella solita stanza sterile di quel freddo color bianco, corredata del
solito vetro panoramico, per permettere ai “visitatori” di assistere meglio all’esecuzione.
Vetro "addobbato" con le solite tendine di colore neutro che come un sipario si
aprono e si chiudono alla fine di ogni tragico atto. Ma soprattutto con il
solito pubblico che con sorprendente nonchalance assiste in diretta la morte di
un uomo. Insomma tutto nella norma, se si può definire normale l’uccisione di
un uomo da parte di uno stato civile
Quand’ecco il colpo di
scena!
Il liquido mortale
viene iniettato nel detenuto apparentemente privo di sensi, quando qualcosa va
storto, forse una vena si rompe e non permette al cocktail letale di entrare in
circolo, con la conseguenza che Clayton Lockett, di 38 anni afroamericano,
impiega ben 43 minuti prima di spirare fra mille agonie ed urli di dolore.
Una esecuzione che ha
lasciato perplessa l’intera nazione, tanto che la seconda esecuzione in
programma per quella sera nel penitenziario di McAlester, in Oklahoma, viene
addirittura rimandata.
Un tragico epilogo che porta
l’attenzione su un nuovo aspetto di questa forma di “giustizia”. Infatti alle
già giustissime critiche di tipo sociale, umano ed economico, sull’utilizzo
della pena di morte si affianca ora anche lo spettro che alla fine questa pratica non sia così efficace ed indolore per i condannati a morte che, per quanto
possano essere violenti, comunque rimangono pur sempre degli essere umani con
dei diritti.
La domanda che a questo
punto si dovrebbero porre in molti è questa: È giusto per uno stato che si reputa
civile continuare a praticare la pena capitale, dopo che si è visto che anche
la procedura “medica” con cui viene praticata è comunque fallace e decisamente
contro i diritti umani?Diego Romeo
Nessun commento
Posta un commento