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La violenza verso i cristiani non si ferma in Pakistan.


Di poche ora fa la tragica notizia dell’esecuzione sommaria di due giovani cristiani in Pakistan, nel villaggio di Chak 59, nei pressi della cittadina di Kot Radha Kishan, a sud di Lahore. Shahzad Masih di 26 anni e sua moglie Shama di 24 anni in cinta e genitori di altri tre figli, sono stati accusati di blasfemia e per questo prima tenuti sequestrati per due giorni e poi uccisi da una folla inferocita di 400 persone che li ha gettati vivi in un forno per la cottura dei mattoni.

La  notizia è solo l’ultima di una lunga serie di violenze verso i cristiani residenti in Pakistan. Solo per ricordare due storie altrettanto tristi come quella di Asia Bibi, madre di cinque figli in carcere dal 2009 e Sawan Masih, che dall’aprile del 2014 è nel carcere di Faisalabad, in attesa della condanna a morte per il medesimo presunto reato di blasfemia.

Tuttavia la tragica fine di Shahzad e di sua moglie Shama, mette in luce come la situazione di violenza e di incertezza per i cristiani pakistani, stia velocemente degenerando. Se infatti per i casi di Asia Bibi e Sawan Masih, c’è stato “almeno” un procedimento penale intentato dal tribunale e gestito dalle forze dell’ordine (anche se in maniera più che faziosa), per i due poveri giovani l’accusa è stata fondata solo su alcune dicerie di un vicino (mai realmente provate) e l’esecuzione di morte è stata fatta da una folla inferocita che non ha lasciato alcuno scampo alla coppia.


Per fortuna in questo caso, non solo vi è stata una condanna unanime dell’opinione pubblica anche pakistana, ma la polizia è intervenuta (anche se tardivamente) ed ha arresto circa cinquanta persone che hanno partecipato all’orribile esecuzione per un primo interrogatorio. A muoversi sono stati anche il primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, che ha costituito un comitato ristretto di tre persone per accelerare le indagini e Paul Bhatti, ex ministro pakistano, fratello di Shabbaz ucciso nel 2011, che ha dichiarato con forza che: «Nessuno dovrebbe subire violenze fisiche e psicologiche in ragione della sua fede».

Diego Romeo

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