Raymond Gûreme, una storia di persecuzione durata più di 70 anni.
Con molta probabilità il nome di Raymond Gûreme non dirà nulla a nessuno. Del resto i Rom, o meglio gli “zingari”, pur essendo nostri vicini non solo non si conoscono, ma addirittura fanno paura, così paura da suscitare in tutti noi idee ed azioni violente. Si giudicano prima ancora di sapere la loro storia e spesso si condannano prima ancora di sapere se sono colpevoli. Questo perché per i Rom vale un assioma che non vale per nessuna altra etnia, ovvero, se è colpevole uno sono automaticamente colpevoli tutti.
Quindi se un Rom ruba,
automaticamente rubano tutti, prima ancora di sapere se è vero oppure no. Certo
alcuni Rom rubano e delinquono, forse anche tanti, ma questo non fa di un
intero popolo un popolo di ladri.
Ma che centra Raymond
Gûreme, con tutto questo?
Raymond è un anziano
Rom francese, o meglio un manouche, di quasi 90 anni che ha vissuto una vita assai
dura, fatta di deportazioni al tempo dell’occupazione nazista in Francia e di
discriminazioni ai tempi nostri.
La sua storia inizia il
27 novembre 1940, quando venne arrestato insieme ai genitori e a sei fratelli e
portato nel campo di detenzione di Linas-Mothléry, nella periferia sud di
Parigi. Da lì riuscì ad evadere una prima volta per poi essere arrestato
nuovamente e condotto questa volta in Germania in un campo di lavoro forzato. Da
qui dopo tre anni di dura detenzione riuscì nuovamente a fuggire e a tornare in
Francia dove si unì alla resistenza fino alla fine della guerra. Gli ci vollero
altri sei anni prima di potersi riunire alla sua famiglia che nel frattempo era
riuscita ad evadere e a fuggire in Belgio.
Finita la guerra
Raymond acquistò un campo di fronte alla collina dove era stato deportato la
prima volta: “Ho guardato la collina dove c’era il campo. Quello era il
luogo del crimine perpetrato contro la nostra libertà e la nostra umanità. Ho
sentito il bisogno di rimanere lì, in una sorta di faccia a faccia silenzioso
con il campo”.
Visse in
tranquillità in quel posto con tutta la sua famiglia e la sua gente, anche se
con la ferita nel cuore di essere stato dimenticato dalla sua patria: “Le autorità francesi hanno chiuso la
persecuzione del nostro popolo nelle segrete della memoria collettiva. Non c’è
spazio per il mio dolore”.
Tutto questo
fino allo scorso 23 settembre, quando un commando di quaranta agenti di polizia
francese hanno fatto irruzione nella sua proprietà ed hanno rastrellato, con
violenza, tutte le 150 persone legalmente residenti nella proprietà di Raymond
senza alcun apparente motivo, proprio come in quel famoso 27 novembre di 74
anni fa quando tutto iniziò.
È vero, quindi, quello che disse Primo Levi: “Chi non ha memoria del
passato è costretto a riviverlo”.
Diego Romeo
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