Pace in Siria
Roma – la memoria è la
cosa più importante che un popolo possa avere, ne costituisce in parte la sua
identità e lo proietta versa il futuro. Gli armeni sono fra i popoli che più
hanno fatto tesoro di questo insegnamento e mentre i paesi occidentali hanno
una memoria molto breve, sempre presi da mille problemi più contingenti e spesso
di carattere puramente economico, loro hanno fatto del ricordo una vera
filosofia di vita.
Per questo motivo
domenica scorsa, presso il Pontificio collegio armeno di Roma, è stata
celebrata da S.E. Mons. Bédros
Miriyatian, Vescovo armeno cattolico di Aleppo, una messa solenne per la “Pace in Siria e la liberazione dei prigionieri
rapiti”. Un piccolo gesto forse, soprattutto agli occhi di una città sempre
caotica e che non si ferma mai per riflettere sul valore di un singolo
individuo, ma che acquista una grande importanza in una società che spesso si
dimentica persino che in Siria si combatte e si muore ancora.
Tutto passa, tutto
scorre come in un fiume in piena che non lascia più traccia ne ricordi, ecco
allora che nomi come Michel Kayal, Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, Padre Paolo Dall’Oglio, Maher
Mahfouz, preti e vescovi rapiti ormai due anni fa proprio in
Sira, ad Aleppo per la precisione, e per questo ormai dimenticati da tanti, ritrovano
la loro memoria e nuova speranza a partire da tutti quelli che non si sono
dimenticati di loro nelle loro preghiere e nelle loro liturgie.
Così ieri un piccolo
popolo si è fermato nel centro vorticoso di Roma per pregare e ricordare, perché
la speranza non si spegne se alimentata dal soffio della preghiera, che per il
mondo moderno è sicuramente una forza debole, ma che racchiude in se la
costanza e la tenacia del ricordo, unico mezzo per non dimenticare.
Diego Romeo
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