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Il nuovo numero di Limes, su “Chi bussa alla nostra porta”: si rialzano i muri, ma l’immigrazione può essere una chance

Quanto mai interessante e di attualità il numero di Limes appena uscito in edicola.
“Chi bussa alla nostra porta”, questo il titolo del mensile, che allude tanto all’esodo di chi pone la propria speranza in un cielo diverso da quello sotto il quale è nato, quanto alla reazione preoccupata e a volte scomposta di chi ne osserva l’arrivo. 
Le migliaia di profughi, transitanti, migranti che giungono sulle nostre coste o che comunque attraversano le nostre frontiere ci costringono a porci domande nuove ed antiche. Soprattutto, però - ed è questo il merito della rivista -, devono spingerci ad abbandonare le categorie superficiali attraverso le quali leggiamo un fenomeno globale, imporci la nobile fatica di sapere e comprendere di più. Oltre gli stereotipi, oltre il desiderio di spegnere la televisione, oltre il sogno di vivere un’estate tranquilla sotto l’ombrellone a giocare col cellulare e lamentarsi del caldo. Sarà qualcosa di improbo per il nostro paese, troppo provinciale per essere grande, ma anche troppo grande, importante, esposto geograficamente e storicamente significativo, per permettersi di essere provinciale come a volte vorrebbe? 

I contributi di Limes ci ricordano la nostra debolezza demografica (Massimo Livi Bacci), danno voce a chi vuole lasciare l’Africa (molto bella la tavola rotonda all’inizio del volume), ci spiegano come non ci sia nessuna “invasione” e molta più integrazione di quanto si dica (Marco Impagliazzo), ci fanno fare un confronto, ci aprono a un mondo più vasto.
E ci dicono qualcosa che non sentiamo spesso dire in giro, che “i versi di Kavafis sull’eterno migrare degli uomini - “Hai detto: ‘Per altre terre andrò, per altro mare / Un’altra città migliore di questa ci sarà” - si sono inverati qui ed oggi, e le città migliori si sono rivelati, per tanti, proprio le nostre. Chissà che tale manifestazione di speranza e
d’ottimismo non debba spingerci a ripensare in positivo il nostro vivere insieme e consegnare un’Italia migliore alle prossime generazioni”.

Francesco De Palma

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