Che sia la volta buona per la riforma della legge sulla cittadinanza?
E’ forse la volta buona per una riforma della normativa della cittadinanza che certifichi - dopo decenni! - il nostro passaggio da paese di emigrazione a paese di immigrazione. Un paese chiamato a gestire con intelligenza e umanità un fenomeno globale, a integrare chi contribuisce a far crescere l’Italia, chi nasce e studia da noi e conosce meglio Garibaldi o Dante dei loro corrispettivi rumeni, marocchini, filippini, etc..
Una versione “soft” dello “ius soli” sbarca finalmente in commissione Affari costituzionali alla Camera. I bambini figli di stranieri che nascono in Italia acquisirebbero la cittadinanza automaticamente, al momento dell’iscrizione all’anagrafe, se uno dei due genitori “sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni”. I minori il cui status non rispondesse a questi requisiti e fossero comunque giunti in Italia otterrebbero la cittadinanza frequentando “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”. E’ quello “ius culturae” di cui aveva parlato per primo l’allora ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi.
Francesco De Palma
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