Poveri Cristi del nostro tempo impazzito. Ascanio Celestini racconta.
Ascanio Celestini, Laika, 2015. |
Questo originale artista romano, che ha scandagliato finora i drammi della follia al tempo del manicomio ma anche la tragedia delle Fosse Ardeatine, le borgate di Roma e il mondo dei carcerati, propone la sua turbolenta rassegna: con molte inquietudini sulla religione e tanta simpatia per i poveri Cristi che popolano - da tempo - il suo personalissimo mosaico umano.
Un "barbone", una povera vecchia, una donna - bellissimo uso metaforico del dialetto di Roma - con la "testa impicciata", una prostituta, alcuni immigrati che provano ad opporsi all'ingiustizia: sono questi i co-protagonisti della affabulazione ironica ed affascinate di Celestini, che si muove davvero come un barbone sulla scena, accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei e della voce fuori campo di Alba Rohrwacher.
Si potrebbe dire che lo "spirituale" non sia una categoria nella quale Celestini dimostri particolari competenze: eppure, certe sue descrizioni così umane e cariche di simpatia per i poveracci, così pietose, oniriche ed appassionate verso quelli che al massimo godono di una insofferente tolleranza, possono essere - per certi versi - più efficaci di una grande teologia.
Pasolini, La ricotta |
Come la povertà sottoproletaria di Stracci ne La ricotta di Pasolini, l'umanità dolente e scombinata rappresentata dal monologo di Ascanio Celestini è davvero eloquente e ci porta - colla magia della voce che narra ed incanta - a capire un po' di più lo spazio necessario della compassione e della simpatia, oltre la superficialità un po' volgare del nostro tempo indurito.
Paolo Sassi
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