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La fiducia, questa sconosciuta. Una merce sempre più rara?


La nostra vita è disseminata di atti di fiducia, esse formano lo scheletro della nostra quotidianità. Tuttavia, viviamo in una società caratterizzata dalla doppia sfiducia: verticale verso la classe politica e orizzontale all’interno della società. Ci informa Marc Lazar che solo il 40% dei francesi ha fiducia di chi incontra per la prima volta (contro il 92% che ha fiducia nella propria famiglia e nelle persone che conosce personalmente). Una società abitata dalla sfiducia e dalla solitudini. E nelle solitudini si sviluppa il diffuso vittimismo, direbbe Andrea Riccardi. Vittimismo che genera un suo fascino. Il fascino incendiario del vittimismo, spesso profondamente immotivato, specialmente per noi europei, soprattutto se confrontato con i livelli di benessere dei paesi africani, dell’America latina. Ma i confronti o i ragionamenti (o semplicemente i dati) di fronte alla forza delle emozioni collettive fanno una modesta o pessima figura, con il rischio di essere accusati di essere intellettualoidi.


Eppure non si vive senza fiducia. Infatti, ci fidiamo dell’orario dei bus urbani che ricaviamo da una app, delle etichette dei prezzi dei prodotti del supermercato, di quello che ci ha detto un nostro amico sulla salute della moglie, delle circolari del nostro ambiente lavorativo, e così via; ci fidiamo nel senso che pensiamo che in tutti questi casi ci vengano comunicate informazioni vere, avverte il filosofo Diego Marconi. Facciamo bene a fidarci, perché la gran parte di queste informazioni sono vere: alla cassa del supermercato ci viene addebitato quel che c’è scritto sull’etichetta, le riunioni si svolgono effettivamente all’orario che ci è stato detto, e via dicendo. Se così non fosse, la vita in società sarebbe impossibile, la nostra vita individuale sarebbe difficile e la nostra stessa sopravvivenza sarebbe a rischio.
Non può dominare in assoluto il dubbio, altrimenti l’esistenza diventa impossibile: il mondo si fermerebbe se fosse sovrastato da dubbi sistematici su ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La fiducia è dunque un’esperienza universale e radicale: privo di fiducia l’uomo non “potrebbe neppure alzarsi dal letto ogni mattina”; senza la possibilità di porre la fiducia in qualcuno e senza la fiducia di altri in noi, non è possibile la vita tout court. Ha scritto Ratzinger che “per molti di noi la fiducia è la più quotidiana delle esperienze, ogni giorno in centinaia di situazioni confidiamo che gli altri agiranno come hanno detto, si atterranno alle regole e si comporteranno con buon senso. Confidiamo che gli automobilisti rispetteranno il codice della strada; che le poste consegneranno la nostra corrispondenza; che gli insegnanti prepareranno i nostri figli agli esami scolastici; che i nostri colleghi di lavoro faranno quel che dicono; siamo pronti a fidarci perfino degli sconosciuti ai quali chiediamo la strada”.
Se salta questa fiducia, la personalità si distorce e regredisce. L’uomo si ripiega su di sé. Alla sana apertura al reale, si sostituisce una chiusura problematica. La fiducia ha anche un essenziale risvolto sociale. È infatti in gioco quando parliamo di riconoscimento e stabilità delle istituzioni come del funzionamento dei "sistemi esperti" (sanità. magistratura, scuola, giornalismo, comunità religiose, etc,). Nell’informazione e nella comunicazione il fattore fiduciale ha un ineliminabile rilievo. Senza fiducia non sarebbe neppure possibile la relazione tra maestro e allievo oppure fra medico e paziente. Senza fiducia non c'è insomma relazione personale ma neppure legame sociale e comunità politica: “Senza fiducia, abbandono, fedeltà, amore, tutti concetti impliciti nella parola fede, l’uomo non può esistere, neanche in quelle cose dove sembra si possa andare avanti anche senza questa realtà, come nella politica e negli affari. E’ un’esperienza, questa, di chiunque guardi onestamente alla propria vita. Certamente direbbe: senza fiducia e lealtà, almeno verso se stessi, senza affidamento non si può vivere, non si può condurre nessun discorso, non si può neanche concludere un affare. Senza fede non c’è né comunità, né amicizia, né amore, né vita coniugale”, ebbe a dire il teologo tedesco Fries.
Anche la fede è una forma di fiducia, tant’è che spesso diciamo persona o notizia degna di fede. La fede è essenziale per la stessa nascita dell’io e per lo sviluppo di una personalità sana. Sappiamo quanto l’identità personale non si forma al di fuori della fiducia del bambino nei genitori. L’autonomia personale non può fiorire che a partire da una dipendenza originaria.
Infine, la fiducia – o meglio la fede - è chiamata in gioco infine nelle decisioni ultime, come ben sanno i cristiani: “L’uomo, il quale dal punto di vista evolutivo rappresenta una novità grazie all’emergere dell’autocoscienza, è essenzialmente uno che cerca e si interroga soprattutto allorché si trova confrontato con alcune esperienze radicali, come la precarietà dell’esistenza (la ragione della vita non è in noi), il bisogno insopprimibile di dare e di ricevere amore, l’esperienza della morte, l’infinitezza del desiderio che non trova mai sufficiente appagamento ecc. Da tutte queste esperienze sorge la domanda: esiste un fondamento ultimo di cui le cose e le persone non sono un riflesso, esiste una bontà originaria, una realtà che tutto sorregge, oppure tutto è assurdo, mancanza di senso, gioco beffardo di forze sconosciute? L’uomo che risponde di si, e quindi implicitamente si apre a Dio, accoglie inconsapevolmente la fede originaria, che sin dall’inizio lo sosteneva, in un fondamento ultimo meritevole di una fiducia senza riserve” (F.Ardusso, Imparare a credere).
La domanda sul fondamento ultimo non si può facilmente ignorare e schivare. Le decisioni conseguenti  non si possono compiere se non “appigliandosi ad una fede”, direbbe Ratzinger. Infatti, “è indispensabile rilevare con la massima chiarezza una cosa: ogni uomo deve in qualche maniera prendere posizione di fronte al settore delle decisioni fondamentali, e nessun uomo è in grado di farlo se non appigliandosi ad una fede. Esiste una zona che non permette un’altra risposta fuorché quella di una fede, sicché nessun uomo può sottrarvisi completamente. Ogni uomo deve per forza credere in qualche cosa” (J.Ratzinger, Introduzione al cristianesimo).

Antonio Salvati

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