Un maestro per il futuro. Affinati sulle orme di don Milani
È da qualche giorno in libreria l'ultima fatica di Eraldo Affinati; si intitola L'uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani.
Non è la prima volta che Affinati segue una pista: ora quella del prete di Barbiana, qualche anno fa quella di Dietrich Bonhoeffer o quella della tragedia della Shoah, in viaggio verso Auschwitz. Si tratta, indubbiamente di un uomo che cerca e che prova a condividere le cose che trova.
Compiuti da poco 60 anni, questa volta la ricerca parte dalla montagna toscana, che custodisce il corpo e la storia di Lorenzo Milani, prete e maestro, scomparso nel 1967 a soli 44 anni:«ho 42 anni e sono parroco di 42 anime», scriveva poco prima di morire...
Questo di Affinati non è uno studio rigoroso, come ce ne sono stati in questi anni; e nemmeno (soltanto) una biografia appassionata, come quella - difficile da superare - scritta con entusiasmo più di quarant'anni fa da Neera Fallaci: Dalla parte dell'ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani.
Si tratta piuttosto di un percorso spirituale, tra il passato/presente dei luoghi calpestati da don Milani e le periferie del mondo di oggi e forse di domani, che sono un po' come tante Barbiana del nostro tempo.
Si tratta di una sfida esistenziale, prima ancora che intellettuale: Eraldo Affinati è insegnante e uomo sensibile al nostro tempo di dramma e spaesamento, che pone domande e cerca risposte.
Da Lorenzo Milani, tra molte cose, Affinati mi sembra abbia ereditato questa grande passione per la scuola come via per la piena umanizzazione del mondo e della gente, specie se misera ed umiliata.
Lo ritroviamo, alla fine del racconto - appassionato e profondo - ancora alla ricerca affannosa di un luogo dove poter continuare ad insegnare l'italiano - lui che già per mestiere di questo si occupa - agli immigrati nel nostro paese, poveri di mezzi e di parola, come i montanari del Mugello di cinquant'anni fa.
«Fai strada ai poveri senza farti strada», avrebbe scritto don Milani - coi suoi ragazzi della scuola di Barbiana - nella Lettera a una professoressa.
A chi gli ha chiesto se si ritenesse uno scrittore cristiano, Affinati ha risposto:
Non è la prima volta che Affinati segue una pista: ora quella del prete di Barbiana, qualche anno fa quella di Dietrich Bonhoeffer o quella della tragedia della Shoah, in viaggio verso Auschwitz. Si tratta, indubbiamente di un uomo che cerca e che prova a condividere le cose che trova.
Compiuti da poco 60 anni, questa volta la ricerca parte dalla montagna toscana, che custodisce il corpo e la storia di Lorenzo Milani, prete e maestro, scomparso nel 1967 a soli 44 anni:«ho 42 anni e sono parroco di 42 anime», scriveva poco prima di morire...
Questo di Affinati non è uno studio rigoroso, come ce ne sono stati in questi anni; e nemmeno (soltanto) una biografia appassionata, come quella - difficile da superare - scritta con entusiasmo più di quarant'anni fa da Neera Fallaci: Dalla parte dell'ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani.
Si tratta piuttosto di un percorso spirituale, tra il passato/presente dei luoghi calpestati da don Milani e le periferie del mondo di oggi e forse di domani, che sono un po' come tante Barbiana del nostro tempo.
Si tratta di una sfida esistenziale, prima ancora che intellettuale: Eraldo Affinati è insegnante e uomo sensibile al nostro tempo di dramma e spaesamento, che pone domande e cerca risposte.
Da Lorenzo Milani, tra molte cose, Affinati mi sembra abbia ereditato questa grande passione per la scuola come via per la piena umanizzazione del mondo e della gente, specie se misera ed umiliata.
Lo ritroviamo, alla fine del racconto - appassionato e profondo - ancora alla ricerca affannosa di un luogo dove poter continuare ad insegnare l'italiano - lui che già per mestiere di questo si occupa - agli immigrati nel nostro paese, poveri di mezzi e di parola, come i montanari del Mugello di cinquant'anni fa.
«Fai strada ai poveri senza farti strada», avrebbe scritto don Milani - coi suoi ragazzi della scuola di Barbiana - nella Lettera a una professoressa.
A chi gli ha chiesto se si ritenesse uno scrittore cristiano, Affinati ha risposto:
«Io mi considero un apprendista cristiano. L’apprendista è quello che va in laboratorio a vedere i pezzi come funzionano: il cacciavite, il tornio. Così io sono un apprendista cristiano, quello che fa ricerca».Fa piacere, ogni tanto, incontrare degli apprendisti siffatti.
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