I discorsi d’insediamento dei presidenti degli Stati Uniti: “Concittadini del mondo, non chiedete cosa l'America può fare per voi, ma cosa possiamo fare, insieme, per la libertà dell'uomo”
Oggi Donald Trump diventerà il 45° presidente degli Stati Uniti. Giurerà e pronuncerà il suo inauguration speech. Vedremo cosa dirà. Nel frattempo può essere utile guardare agli esempi con cui si confronterà, i discorsi di alcuni dei suoi predecessori, quelli che sono passati alla storia ….
Roosevelt nel 1933, nel pieno della crisi originata dal crollo della Borsa di Wall Street, ebbe parole che partivano dalla difficile situazione economica, ma che invitavano a un atteggiamento di fiducia e di impegno, nonostante tutto: “Questo è il momento di dire la verità, l'intera verità, francamente e audacemente. [Ma] lasciate che io riaffermi in primo luogo la mia ferma convinzione che la sola cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa, l'irragionevole ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso […]. Solo un folle ottimista può negare la triste realtà del momento. Eppure le nostre sciagure non derivano da alcun fallimento sostanziale. […] La natura ci offre ancora le sue incalcolabili ricchezze, e gli sforzi dell'uomo sono pronti a moltiplicarle. […] La felicità non deriva dal semplice possesso del denaro; essa consegue dal raggiungimento di un obiettivo, nasce dal brivido di uno sforzo creativo. [...] Questi giorni difficili saranno valsi il prezzo di qualsiasi sacrificio sofferto, se ci avranno insegnato che il nostro vero destino non è di sottostare rassegnatamente a tante difficoltà, ma di reagire ad esse per noi stessi e per i nostri simili.
Kennedy volle fare del suo discorso l’occasione per la riaffermazione del valore della libertà, del negoziato, della cooperazione in un mondo sempre più unito: “Oggi il mondo è molto diverso. L'uomo detiene nelle proprie mani mortali il potere di abolire tutte le forme di povertà umana ma anche quello di sopprimere tutte le forme di vita umana. […] Che ogni nazione sappia, sia che ci auguri il bene, sia che ci auguri il male, che pagheremo qualsiasi prezzo, sopporteremo qualunque peso, affronteremo ogni difficoltà, aiuteremo qualsiasi amico, affronteremo qualunque nemico pur di assicurare la sopravvivenza e il successo della libertà. Ci impegniamo a fare tutto questo e molto di più. […] Ai nuovi Stati ai quali diamo il benvenuto nel novero dei paesi liberi, diamo la nostra parola che non abbiamo posto termine a un controllo coloniale solo perché venisse rimpiazzato da una tirannia ancora più dura. […] Alle persone che nelle capanne e nei villaggi di mezzo mondo lottano per spezzare le catene di una miseria diffusa, promettiamo il nostro massimo sforzo per aiutarli a provvedere a se stessi, non perché i comunisti facciano altrettanto, non perché vogliamo il loro voto, ma perché è giusto. Una società libera che non è in grado di aiutare i molti che sono poveri non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi. […] Ma due grandi e potenti raggruppamenti di nazioni non possono neppure accontentarsi della situazione attuale, oberati come sono entrambi dal costo delle armi moderne, entrambi giustamente allarmati dal costante diffondersi del mortale potere dell'atomo, eppure entrambi impegnati a competere per modificare quel precario equilibrio del terrore che argina lo scatenarsi dell'ultima guerra dell'umanità. […] Non dobbiamo mai aver timore di negoziare. Che entrambe le parti esplorino i problemi che le uniscono, anziché dibattere quelli che le dividono. […] Che entrambe le parti cerchino di evocare i prodigi della scienza anziché i suoi orrori. Esploriamo insieme le stelle, conquistiamo insieme i deserti, debelliamo le malattie, scrutiamo le profondità degli oceani e incoraggiamo le arti e i commerci. […] Ora la campana ci chiama ancora una volta, […] per portare il peso di una lunga e oscura lotta, anno dopo anno, una lotta contro i nemici comuni dell'uomo: la tirannia, la povertà, le malattie e la stessa guerra. … Possiamo dar vita a una grande alleanza globale, Nord e Sud, Est e Ovest contro questi nemici, in modo da poter assicurare una vita più fruttuosa a tutta l'umanità? Vi unirete a questo sforzo storico? […] Dunque, miei concittadini americani, non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese. Concittadini del mondo, non chiedete cosa l'America può fare per voi, ma cosa possiamo fare, insieme, per la libertà dell'uomo”.
Parole alte, cui guardare con quell’invidia che i confusi anni Dieci del XXI secolo provano verso gli anni Sessanta del secolo scorso, così pieni di speranza e di fiducia nel futuro. A quelle parole ha cercato di avvicinarsi Obama solo otto anni fa: “In questo giorno ci raduniamo insieme perché abbiamo scelto la speranza al posto della paura, l’unità degli scopi piuttosto che la discordia o il conflitto […] Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito che dura; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità. […] I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo e non vi rinunceremo. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità. […] Sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù - e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce. […] E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo”.
E ora, la parola a Trump!
Francesco De Palma
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