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Primo Levi e il dovere della memoria

Primo Levi e il dovere della memoria


Accanto alle tante iniziative del 27 gennaio, Giorno della Memoria, si riflette sulla funzione della memoria nel nostro tempo. In un’epoca complessa, cosa significa educare alla memoria, motivare allo studio della storia? Alcune pagine di Primo Levi ci forniscono indicazioni preziose sul senso e sulla funzione della testimonianza: “Le cose viste e sofferte mi bruciavano dentro; mi sentivo più vicino ai morti che ai vivi, e colpevole di essere uomo, perché gli uomini avevano edificato Auschwitz, ed Auschwitz aveva ingoiato milioni di esseri umani, e molti amici, ed una donna che mi stava a cuore. Mi pareva che mi sarei purificato raccontando…”. Tante altre parole di Primo Levi attestano il suo dovere di far memoria: “Per il reduce raccontare è un’impresa importante e complessa. E’ percepita ad un tempo come un obbligo morale e civile, come bisogno primario, liberatorio, e come promozione sociale: chi ha vissuto il Lager si sente depositario di un’esperienza fondamentale, inserita nella storia del mondo, testimone per diritto e per dovere, frustrato se la sua testimonianza non è sollecitata e recepita, remunerato se lo è”. Fino alla metà degli anni settanta, Primo Levi spese molto del suo tempo a narrare la sua esperienza agli studenti.
Certamente Primo Levi seppe declinare insieme storia e memoria, trovando l’equilibrio tra storia e racconti dei protagonisti, fra documenti storici e testimonianze, comprendendo l’importanza dell’elemento emozionale nella trasmissione della storia. Significativamente, nella sua opera I sommersi e i salvati, affermava: “… non siamo storici, né filosofi ma testimoni, e del resto non è detto che la storia delle cose umane obbedisca a schemi logici rigorosi. Non è detto che ogni svolta segua da un solo perché: ché possono essere molti, confusi fra loro, o inconoscibili, se non addirittura inesistenti. Nessuno storico o epistemologo ha ancora dimostrato che la storia umana sia un processo deterministico”. La letteratura e il cinema possono essere modalità efficaci dell’educare, capaci di coinvolgere empaticamente l’ascoltatore. Specialmente nelle giovani generazioni, la lettura o la narrazione di un sopravvissuto generano un impatto importante: si ascoltano parole che hanno un significato profondo, che aiutano a dare valore alla vita del testimone e di coloro che lo ascoltano.
Oggi rileggere Primo Levi significa ritrovare le ragioni forti della trasmissione della storia e della memoria. Esse insieme rappresentano un potente fattore di coesione in grado di dare senso al tempo che viviamo. Se questo è un uomo, spiega l’autore, “non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi capi di accusa; potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”.
Sempre in Se questo è un uomo, Primo Levi racconta le ragioni che lo hanno condotto a raccontare: “Se non di fatto, come intenzione e come concezione esso è nato fin dai giorni di Lager. Il bisogno di raccontare agli ‘altri’, di fare gli ‘altri’ partecipi, aveva assunto fra noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari: il libro è stato scritto per soddisfare a questo bisogno; in primo luogo quindi a scopo di liberazione interiore”.


Antonio Salvati

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