Reinventare la vecchiaia
Nel mondo ci sono più
di 800 milioni di persone sopra i 60 anni su sette miliardi. Non solo nei paesi
più ricchi, anche in Africa la popolazione anziana è in forte crescita. Nel 2050
secondo le proiezioni più di un italiano su tre sarà vecchio. La vita media in
molti paesi è sensibilmente cresciuta. Uno dei tratti distintivi del nostro
tempo è che si vive decisamente più a lungo. Gli ultracentenari non fanno più
notizia.
Eppure come ha
acutamente rilevato Andrea Riccardi “manca
nella mentalità corrente il senso del valore della vecchiaia. Siamo ancora al
latino Terenzio per cui senectus ipsa est morbus (la vecchiaia è per se stessa
una malattia). Invece è una stagione della vita da "reinventare" nel
suo complesso: per gli anziani e per la società”.
La nostra società non
sembra attrezzata ad affrontare un fenomeno di così ampie proporzioni.
Solitamente si parla di anziani quando si analizzano i costi del sistema
pensionistico. Per assurdo, si colpevolizzano gli anziani di percepire una
pensione, dimenticando che esse rappresentano il frutto di trattenute di tanti
anni di lavoro. Sottraggono troppe risorse del nostro sistema sanitario è l’altro
leitmotiv. Colpisce in Italia il diffuso
sviluppo dell’istituzionalizzazione. Le ragioni sono molteplici. Accanto alla
diminuita capacità delle famiglie di gestire i suoi anziani c’è anche un diffuso
desiderio di allontanare la debolezza dalle città, dalla propria vita
personale. Basti pensare alla diffusa ritrosia a parlare della morte e della
malattia.
Più volte Papa
Francesco ha denunciato il virus dell’indifferenza che accomuna il destino di
tanti anziani. L’indifferenza può far molto male. La solitudine, assieme all’indifferenza
degli altri, si trasforma in isolamento, divenendo il principale rischio di
pericolo per la vita degli anziani. L’esperienza dell’isolamento è terribile
per ciascuno, specialmente per chi è anziano. Si stima che a Roma gli anziani
soli siano uno su quattro. Un articolo del Corriere della Sera, uscito a
settembre del 2015, senza nessuna pretesa statistica, rilevava 100 anziani morti a Roma in un anno e ritrovati
solo dopo qualche giorno dopo la morte.
Poche considerazioni
per evidenziare che abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione
culturale, un’operazione umanistica, perché un quinto degli europei non sia
dichiarato inutile e messo in stato di premorte; l’eutanasia nascosta di cui
parla Papa Francesco.
Gli anziani –
riprendendo le parole di Andrea Riccardi – possono “rappresentare, in società troppo competitive, una compensazione nel
senso della gratuità delle relazioni”. Le sfide provenienti dal mondo degli anziani mostreranno
“se la nostra società, così emotiva e
cangiante, sarà capace di produrre sapienza e significati. Vedremo se saprà
dare senso alla vita di un terzo della popolazione e non considerarla una
sopravvivenza residuale”.
Antonio Salvati
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