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Xenofobia in Sudafrica: “Sappiamo che il paese deve affrontare una miriade di sfide. Nessuna di esse, però, verrà risolta prendendosela con i migranti”

“Scoprirai che c’è posto per tutti”. Così Gandhi nel film di Attenborough sulla vita del Mahatma a un giovanotto bianco, razzista, che voleva impedirgli di camminare su un marciapiede di Pretoria. 
“Africa must unite!”. Ecco lo slogan panafricano della stagione delle indipendenze, il titolo del libro più conosciuto di Kwame Nkrumah: “Il nostro obiettivo è l’unione africana, ora! Non c’è tempo da perdere. Dobbiamo unirci, o periremo …”, dirà all’OUA, l’antenato dell’UA, nel 1963.
Il Sudafrica come “nazione arcobaleno”. Questo il sogno multietnico di Mandela, una società in cui tutti avessero gli stessi diritti, le stesse aspirazioni e possibilità, il tutto senza violenza.
Chissà se questi grandi uomini del Novecento avrebbero immaginato che nel 2017, in un Sudafrica molto o almeno parzialmente diverso da quello che avevano conosciuto 1) non ci sarebbe stato posto per tutti, 2) che folle di neri sudafricani avrebbero invocato l’espulsione di altri neri, 3) che l’arcobaleno avrebbe voluto fare a meno di diversi colori. 

Fatto sta che il fastidio e l’intolleranza verso gli stranieri, verso i migranti, non riguarda solo il Nord del mondo; ma anche una delle sue propaggini più meridionali, quel Sudafrica che, come già nel 2008 e nel 2015, manifesta contro la manodopera proveniente da altri paesi africani - in primis Nigeria, Zimbabwe, Malawi, etc. -. 
Eppure secondo l’ultimo censimento gli immigrati sono appena il 4% degli abitanti. Eppure la violenza e la criminalità sono in gran parte “sudafricane”, autoctone, complice l’altissimo tasso di possesso e circolazione delle armi da fuoco. Eppure, come ha detto l’ex presidente Thabo Mbeki, “Tutti noi sappiamo che il nostro paese deve affrontare una miriade di sfide. Nessuna di esse, però, verrà risolta prendendosela con i migranti”.
Ma tutto il mondo è paese. La ricerca di capri espiatori sembra più in linea con lo spirito del tempo, molto più dell’umanità e della razionalità. E, come sempre, il sonno della ragione genera mostri.

Francesco De Palma

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