Guerre dimenticate ...
Quasi ogni continente ha almeno una sua guerra dimenticata, o meglio: il silenzio dei media e il disinteresse della politica internazionale, aiutano a dimenticare guerre, conflitti, scontri, pulizie etniche, ecc..
Tra i conflitti più noti vi è sicuramente la guerra civile che, dal 2011, sta distruggendo la Siria, in particolare la zona in cui sorge Aleppo, città millenaria - ormai quasi completamente distrutta . con gli abitanti allo stremo e con decine di migliaia di profughi che provano a rifugiarsi negli stati vicini, o ad imbarcarsi verso l’Europa, in cerca di scampo.
Quella siriana è una guerra civile molto complessa, a cui s’è aggiunta la nascita dello Stato Islamico che non ha certo concorso a semplificare la situazione. Pur non essendoci fonti certe, si parla - per difetto - di 300, 400mila vittime per la guerra civile.
Purtroppo, la soluzione del conflitto e la cessazione degli scontri non sembrano ancora trovato una via di soluzione.
Il conflitto in Medio Oriente, che vede contrapposti Israele e Palestina attraversa una fase di stallo, ma, anche, la Terrasanta non sembra trovare una pace duratura, si vive in una sorta di tregua silenziosa, fino all’esplodere di un nuovo incidente, o di un nuovo scontro, in particolare nelle terre contese o nei territori occupati.
In tanti hanno provato a mediare per una soluzione, sempre senza successo. Dopo l’assassinio del Presidente Rabin, fautore degli accordi di Oslo insieme ad Arafat con la mediazione del Presidente Clinton, dopo ogni conciliazione s’è dimostrata inefficace.
In Africa, forse, il conflitto più lungo è quello in Sudan, o meglio per l’indipendenza del Sud-Sudan. Un conflitto sanguinosissimo in cui l’esercito governativo combatte contro i diversi gruppi locali, tutti coalizzati per ottenere l’indipendenza. Anche qui, si ipotizza, per difetto, il numero delle vittime in 70mila, ma il conflitto ancora miete migliaia di vittime ogni mese.
Sempre in Africa, in un paese che storicamente ben conosciamo, la Somalia, nel 1991 è scoppiata una guerra molto violenta per conquistare il potere lasciato dal presidente Siad Barre, tra i vari clan del Paese, spalleggiati e riforniti di armi dai cosiddetti "signori della guerra”. Anche in Somalia il conto delle vittime è altissimo: si parla di mezzo milione di morti dall’anno dello scoppio della guerra. A rendere ancora più difficile la vita della popolazione, vi sono anche diversi attentati con camion bomba, atti a destabilizzare ancora di più il paese, cercando di rendere inefficace l’intervento USA nel paese impegnato per ridare governabilità al Paese.
In Mozambico, invece, la guerra che si combatte è di altra natura. Sono passati 25 anni dal quel 4 ottobre 1992, quando a Roma, le due opposte fazioni hanno messo fine ad una guerra civile che durava da 15 anni, firmando gli Accordi di Pace, riconsegnando tutte le armi, senza che fosse inoculato il virus della vendetta e della rivalsa tra i tanti combattenti, ma arrivando ad una concreta riconciliazione. Ma, dicevo, ora si combatte contro l’AIDS che sta strappando al paese un’intera generazione di giovani, ammalando e sfinendo tante braccia utili per la ripresa e per la ricostruzione del Paese. Nuova guerra che da molti anni la Comunità di Sant’Egidio sta combattendo e contrastando con il Programma DREAM, acronimo di “Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition”, il diffondersi del virus in particolare tra le giovani mamme e i ragazzi, e tutti coloro che vogliono curarsi. Inoltre, da alcuni anni si sta affermando il fenomeno del “land grabbing” (letteralmente, “accaparramento di terre”), operato da aziende o multinazionali straniere. Infatti, quando un terreno è “inutilizzato”, viene venduto a terzi, aziende o governi di altri paesi, ma senza il consenso della popolazione che ci abita o che la utilizza da anni, per coltivare e produrre il loro cibo.
Anche Papa Francesco ha parlato di questo problema: in occasione della sua visita alla FAO, nel giugno 2015, ha denunciato chiaramente la “pratica perversa del land grabbing”, parlandone diffusamente anche nella Lettera Enciclica “Laudato sì”, come un fenomeno preoccupante di privazione di beni, quale la terra, che non può essere ridotta al livello di merce.
Un’altra guerra di cui si sa poco, perché lontano dai nostri occhi, ma anche dagli interessi occidentali, perché con scarse ricadute politico-economiche per l’Occidente, è lo scontro in atto nelle Filippine, in particolare nell’isola di Mindanao. Da decenni vi è un conflitto tra un islamismo politicamente separatista contro la supremazia cattolica di Manila. A Mindanao è in corso l’attacco più forte all’unità del Paese, che rischia di far separare ben cinque provincie delle Filippine. Ma, anche da qui, raramente giunge qualche notizia dalla stampa.
Vorrei concludere questa breve carrellata di conflitti poco noti con quello più vicino a noi e, forse più noto: quello che vede contrapposte Russia e Ucraina, di cui si è molto discusso anche in seno alla UE, ma sullo scontro è scesa una sonnolenta stanchezza delle istituzioni europee e della stampa. Allo stato attuale, sono assenti evidenti segni di novità o di ricomposizione della crisi in atto da ormai diversi anni e che, dal 2014, ha visto complicare non di poco la situazione, a causa dell’inizio di violenta una rivoluzione che contrappone gruppi separatisti presenti nel governo russo.
L’elenco è molto più lungo: varie organizzazioni contano le guerre, conflitti e scontri in atto nel 2017 in 46 con un computo di vittime totale difficilmente quantificabile.
Germano Baldazzi
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