La fragilità della famiglia
Il recente e prezioso libro
di Vincenzo Paglia Il crollo del noi – di cui abbiamo già dato conto – ci fornisce dati interessanti
nonché acute considerazioni sulla crisi del modello familiare che l’autore
riconduce al «monoteismo dell’Io», ossia alla patologica concentrazione su di
sé che non è senza conseguenze. Essa porta inevitabilmente allo smarrimento di
sé per dirla con le parole di Todorov, all’indebolimento dei legami. E, in
effetti, i legami, oggi, sono a rischio, sottolinea Paglia, aggiungendo che sono
a rischio in particolar modo i legami famigliari.
Insomma, la famiglia, pur
essendo come il luogo della sicurezza, del rifugio, del sostegno per la propria
vita, non gode di buona salute. È divenuta – dice Paglia - “il crocevia di tante fragilità: i legami
vanno a pezzi, le rotture coniugali sono sempre più frequenti e, con esse,
l’assenza di uno dei due genitori, che non facilita la vita dei figli. Vediamo
le famiglie disperdersi, dividersi, ricomporsi nei modi più vari. Si stanno
moltiplicando le forme di famiglia. È divenuto normale pensare che gli
individui possano «fare famiglia» nelle maniere più diverse: qualsiasi forma di
«vivere insieme» può essere reclamata come famiglia, l’importante – si
sottolinea – è l’amore. L’individualismo contemporaneo, più che distruggere la
famiglia, la depotenzia, nel segno di un rafforzamento dell’io e di un
indebolimento della coesione sociale”.
Certamente, grazie alle
numerosissime famiglie che resistono anche a costo di incredibili sacrifici, le
società riescono a far fronte alle crisi più dure. Queste famiglie consentono
alle società di sopravvivere, facendosi carico di tante inefficienze
istituzionali: dall’assistenza ai bambini, agli anziani, ai portatori di
handicap, all’assorbimento della gravissima emergenza lavoro dei propri figli
disoccupati grazie ai risparmi e alle pensioni dei nonni, che permettono di
sopravvivere. Malgrado tutto, la famiglia resta il più importante soggetto di
reddito. Continuamente sentiamo parlare di «reddito familiare comparato», che tutto
il risparmio italiano è familiare e di «famiglie consumatrici». Abbiamo sempre più
famiglie allargate verticalmente fino a comprendere tre generazioni. Per tanti è
la principale se non l’unica risorsa certa in assenza di un sistema di welfare
universalistico. Come non pensare ai giovani con rapporti di lavoro sempre più incerti,
privi di una rete di protezione decente in caso di perdita del lavoro. O alle giovani
mamme, che senza l’aiuto delle nonne difficilmente possono rimanere nel mercato
del lavoro. Lo è per le persone non autosufficienti, che possono spesso contare
solo sulla disponibilità di un (spesso una) famigliare.
Secondo i dati di una
ricerca recente effettuata da Roberto Volpi e riportati su Il Foglio del 6 maggio 2017 una sola tipologia di famiglia cresce
in Italia: quella unipersonale (costituita da una sola persona) che sono passate
da 5,2 a 7,2 milioni tra il 2001 e il 2011. Più di 8 milioni di persone vivono
da sole, rappresentando il 32% delle famiglie italiane. Diminuiscono tutte le
altre tipologie di famiglia, le convivenze, le coppie di fatto stabili.
Crescono le famiglie monogenitoriali, a causa dei fallimenti di coppia. Il 40%
delle famiglie unipersonali è rappresentato da persone mai sposate. Tra i 25 e
i 44 anni, i celibi/nubili superano i coniugati per 7,8 milioni a 7,5.
Le cause del depotenziamento
della famiglia sono evidentemente tante, ma il vero motivo della frantumazione
della famiglia come la conosciamo – avverte Paglia -, della sua polverizzazione
in forme sempre meno impegnative e sempre più contingenti e provvisorie, è
culturale, più che statistico o normativo.
Giustamente osserva Paglia
che “oggi, il virus dell’individualismo
sta indebolendo sempre più quel «noi» originario che rendeva ragione della
famiglia intesa nella sua dimensione anche istituzionale. In effetti, in una
società ove l’io prevale sul noi e i diritti dell’individuo su quelli della
famiglia è ovvio che si preferisca la coabitazione al matrimonio, l’indipendenza
individuale alla dipendenza reciproca. La famiglia, in una sorta di
ribaltamento, più che «cellula base della società» viene ormai concepita come
«cellula base per l’individuo»…. Famiglia e società sono saldamente
intrecciate, più di quanto si creda. La sfida è
cruciale: la crisi della famiglia non si sta traducendo nella crisi della
società stessa?”.
La famiglia resta la prima e
spesso l’unica cornice in cui oggi le persone possono fare esperienza della
gratuità, soprattutto in un mondo che si basa sui rapporti utilitaristici.
L’altro, nel contesto famigliare, non è un nemico, ma un alter ego, che ha
diritto al suo posto nella famiglia. Per questo Paglia invita caldamente a evitare
di indulgere al catastrofismo, sempre facile quando si parla di famiglia o in
particolar modo di rapporti tra padri e figli: “la parola «crisi» allude sì a un rischio, all’esposizione al pericolo,
ma insieme essa annuncia la possibilità del nuovo. Il momento della crisi può
rappresentare il varco generatore di un futuro inedito, l’incubazione di una
rinascita”.
E’ opportuno riflettere su
quanto è avvenuto, non certo per un nostalgico ritorno indietro, quanto per
reinventare la missione della famiglia nella società. Ciò sarà possibile se si
ritrova un legame più rispettoso della libertà e della dignità delle persone
sia all’interno della famiglia sia nella società. La famiglia deve riconcepirsi
nelle relazioni al proprio interno e nelle responsabilità verso il mondo. In
uno spirito «famigliare» - sottolinea Paglia – si può lavorare ed impegnarsi
per “la creazione di relazioni di
reciprocità, di prossimità, tra le famiglie e la comunità ove vivono. Una
società globalizzata potrà trovare grande giovamento se promuoverà una cultura
«famigliare» che permetta di ripensare il nesso vitale tra la felicità privata
e la felicità pubblica”.
Antonio Salvati
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