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Una paternità che rinasce, al confine.

I migliori film di Nanni Moretti andrebbero, ogni tanto, rivisti, perché sono composti di vari livelli e continuano a parlarci, nel tempo.
La7 ne dà occasione, in questo mese, con un ciclo dedicato alla sua filmografia (“Caro Nanni”).
La stanza del figlio ruota attorno al tema della perdita di un figlio giovanissimo, ma non si incentra solo sul lutto, bensì sul come sopravvivere alla tragedia.
E, di fatto, non esiste un modo, come non c’è una medicina, o una soluzione..
Infatti, dopo l’improvvisa morte di Andrea in un incidente avvenuto durante un’immersione, ad andare a fondo è tutta la famiglia: la sorella Irene (una giovane ma già bravissima Jasmine Trinca), preda di un attacco di rabbia, si fa espellere e squalificare dal campionato di pallacanestro (sua passione), la madre Paola (una intensa Laura Morante) si dispera, si aggrappa disperatamente al ricordo, inizia ad avere forti divergenze col marito, il padre Giovanni, (impersonato da Nanni stesso), resosi conto di non riuscire più a svolgere la professione di analista, non avendo più il giusto distacco, abbandona. 
La mancanza ed il dolore sono vissuti dai tre in modi diversi e divergenti, in intimità fragili che non riescono a comunicarsi e farsi forza a vicenda, ed il piccolo nucleo familiare, prima della tragedia spiritoso e tutto sommato coeso, inizia a frantumarsi in microcosmi dove ciascuno alimenta e si lascia trascinare dai propri particolarismi dolenti (il senso di colpa del padre, il mutismo della sorella, le frustrazioni della madre…)
L’arrivo inaspettato di una lettera, destinata ad Andrea, da parte di una gentile e romantica ragazza, Arianna, interrompe la parabola discendente del morale della famiglia, che si risveglia come da un profondissimo torpore doloroso, iniziando a proiettare, soprattutto Paola, in questa circostanza sentimentale, nell’incontro che i due ragazzi avevano avuto, una curiosità che rianima e riconnette, almeno per un po’, alla realtà..
Nel frattempo, con l’apparire di Arianna, assistiamo ad un mutamento nella paternità di Giovanni: essa si affina, e Nanni la incarna senza retorica, rinunciando al suo principale limite, quello di un eccessivo intellettualismo, e alla tentazione auto celebrativa, per farsi denso ed asciutto..  graffiante come il rumore della saldatrice di una bara, sigillata di fronte agli occhi dei genitori..
Riemerge, questa scena, a turbare il difficile domani del padre, Giovanni, già marchiato dal rimpianto per le piccole divergenze con Andrea, sigillate anch’esse nella bara, senza possibilità di ritorni indietro nel tempo, come egli vorrebbe, e sogna ad occhi aperti, (vedendosi, in immaginarie sequenze, non correre in soccorso di quel suo paziente, la mattina fatidica dell’incidente del figlio, ma piuttosto portarlo, come aveva promesso, a correre insieme, e salvarlo così dal tragico incontro col destino).
Il passaggio in macchina dato ad Arianna ed al suo amico, compagno di viaggio, si protrae dapprima fino a Genova, e, da lì, al confine, per risparmiare ai ragazzi lo strapazzo di un autostop infruttuoso e per concedere loro di dormire ancora un poco.. una tenerezza che è già indizio di guarigione dalla fase più acuta ed accecante di uno smisurato dolore..
Precisione e misura, in un tema che poteva facilmente ricadere nella retorica del dolore e nell’enfasi del tragico, sono elementi che connotano la qualità di questo film fino in fondo.
I comportamenti e i toni che la famiglia adotta verso Arianna sono, in generale, premurosi e paterni, come se, col prendersi a cuore i bisogni di questa ragazza, volessero tenere viva, ma col sorriso, la memoria di Andrea.. Piccola osservazione sulla scelta dei nomi: Arianna e Andrea, hanno tutte le lettere in comune tranne una, dunque un quasi anagramma.
Toccante il finale, con la visione di Giovanni, Paola ed Irene che si muovono in direzioni diverse, di fronte ad un mare, di confine, ma i loro tre sguardi riconvergono nei saluti, finalmente distesi, ad Arianna che li ricambia, fissandoli con calore e lieve apprensione, dal pullman, che la sta portando verso la Francia.. mentre non spezza il filo nuovo intessuto con loro tre ..

Il loro portarsi alla frontiera è un invito, a tutti, a spingersi oltre, oltre il dolore più lancinante, a fronteggiare la realtà, cercandola laddove c’è  ancora mare, vita che viaggia, e buona musica, ad esempio quelle della colonna sonora, scelta perfetta, Nicola Piovani e poi Brian Eno, By this river, (usata già nella scena dentro il negozio di dischi), con la quale la bacchetta magica della regia affonda nel cuore della sfera emotiva, per un finale che non si dimentica.

Silvia Chessa

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