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PER UN MONDO SENZA PENA DI MORTE. #PENADIMORTEMAI

Tanti responsabili della giustizia, provenienti da tutti i continenti, sono ieri giunti a Roma per dialogare e riflettere, in un clima di cordialità, sulla pena di morte nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, alla Camera. Sono arrivati attraverso i tanti fili di amicizia e di dialogo della Comunità di Sant’Egidio: instancabili tessitori della pace e di soluzioni possibili anche su terreni ritenuti impossibili, frequentatori delle periferie umane e urbane del mondo.

Insieme hanno discusso su come giungere ad una progressiva liberazione del mondo dalla pena di morte, anche passando – come primo atto - attraverso una moratoria universale. Il mondo si era abituato alla pena di morte fin dai suoi primi passi. “Era sembrata naturale – ha ricordato Mario Marazziti - quasi come l’aria e l’acqua. Così è stato per la schiavitù e la tortura. Fin quando la schiavitù è stata abolita, almeno ufficialmente, e l’economia del mondo non è crollata. E la tortura è diventata fuori legge. La si pratica ancora, purtroppo, ma la si pratica di nascosto. Perché è radicalmente sbagliata”. La pena di morte non aiuta mai la sicurezza dei popoli. Rende più vulnerabili alla violenza, alla tortura, perché disumanizza anche chi è dalla parte della ragione. Lo aveva ben compreso Cesare Beccaria, nel XVIII secolo, quando sostenne che è “un assurdo che le leggi, [le quali]  … detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordinino uno pubblico” (Dei delitti e delle pene, cap. XXVIII).
Non si può pensare che la pena capitale sia la cura per una società violenta, ha sostenuto Marco Impagliazzo. La pena di morte non è una medicina; è l’opposto, è un veleno. Ma noi, qui, non vogliamo avvelenare le nostre società. Al contrario, intendiamo cercare un antidoto al veleno della violenza, insieme.
Tuttavia, seppur la violenza nel mondo, mai come oggi, sembra crescere, la pena di morte è sta divenendo sempre più uno strumento del passato. Ne è convinto Marazziti: “il dubbio non è sul se, se la pena capitale scomparirà dagli ordinamenti penali. La domanda è sul quando”.
Infatti, i segnali confortanti. Dal 1977, quando gli Stati abolizionisti erano solo 16, si è passati a 141 contro 57 Paesi mantenitori. E di fronte ad uno scenario internazionale tra i più difficili degli ultimi anni, per la crescita dei conflitti e delle tensioni in diverse aree del mondo, nel 2016 le esecuzioni capitali sono diminuite del 37 per cento rispetto all’anno precedente. Significativamente nel corso del convegno – in cui sono intervenuti tra gli altri, il Guardasigilli Andrea Orlando, i ministri della Giustizia di Marocco, del Guatemala e della Guinea Conakry insieme a rappresentanti dei governi del Canada, di San Marino e della Svizzera, inviati dell’Onu, della Francofonia e l’ex presidente di Timor Est, Xanana Gusmao – sono stati ricordati alcune importanti decisioni come quella della Guinea Conakry che con l’adozione del nuovo codice militare è divenuta completamente abolizionista dopo che il Parlamento nel 2016 aveva adottato un nuovo codice penale che elimina la pena di morte dalle sanzioni applicabili. O il caso del Marocco, dove il Consiglio degli Ulema ha riscritto le norme sull’apostasia stabilendo che non rischia più la pena di morte chi abbandona l’Islam. Altra decisione altamente significativa è quella del Guatemala dove con una storica sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la pena di morte incostituzionale per tutti i reati per cui è contemplata dall’articolo 18 della Legge fondamentale. A livello civile è ormai una pena incostituzionale. In Vietnam all’inizio del 2018 entrerà in vigore la versione emendata del codice penale che non prevederà più la pena di morte per cinque fattispecie di reato.
L'abolizione deve restare in primo piano nell'agenda internazionale, ha sostenuto con forza il ministro Orlando. L’Italia  - ha ricordato Marazziti - ha fatto della diplomazia umanitaria e dell’abolizione della pena di morte, la collaborazione con gli altri Paesi per trovare alternative all’uso della pena di morte, un perno ufficiale della sua politica estera, come hanno affermato con azioni concrete tutti i governi in questa legislatura, con l’azione dei ministri degli esteri e dei presidenti del Consiglio Letta, Renzi e Paolo Gentiloni sia a guida della politica estera che, oggi, del Paese. Nel 2018 all’UNGA sarà presentata una nuova Risoluzione per una Moratoria Universale delle esecuzioni. Nel 2016 è stato confermato il grande risultato del 2014, quando l’Italia ha guidato come presidente europeo il percorso verso la Risoluzione: 117 i voti favorevoli, con un incremento di 6 voti rispetto alla Risoluzione precedente e 33 i  contrari.
Tante le questioni affrontate come quella del numero dei condannati a morte innocenti che escono dal braccio della morte. Negli USA il Registro Ufficiale ha superato i 1900 casi di condanne della persona sbagliata. Una parte rilevante delle condanne capitali in India, grande democrazia e stato di diritto, viene ribaltata dalle Corti Superiori e dalla Corte suprema per lacune importanti nel processo legale. O quella relativa all’aumento delle esecuzioni extragiudiziali, in diversi Paesi del mondo – spesso nei confronti di persone accusate di reati legati alla droga - e dei linciaggi, una giustizia “fai da te” che provoca la morte di troppe persone, uccise dalla popolazione, nella maggioranza dei casi per aver commesso piccoli furti.
Tante ragioni per lottare e spendersi per un rifiuto radicale della morte e di una cultura di morte. Con la consapevolezza forte che la storia dell’umanità è un lungo restringersi del numero dei reati per cui era comminata la pena di morte e delle esecuzioni.


Antonio Salvati

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