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C'è ancora spazio per la memoria

Sono trascorsi pochi giorni dalla celebrazione della Giornata della Memoria che quest’anno, in particolare, era concentrata sul ricordo dell’80° anno della promulgazione in Italia delle infami Leggi Razziali del 1938. Certamente il problema della "trasmissione della Memoria", anche in riferimento esplicito alle nuove generazioni, è uno delle questioni etiche del nostro tempo. Tale questione dovrebbe ricevere rinnovata linfa. Possediamo – a partire da Primo Levi – un vasto e, indubbiamente, il più significativo patrimonio letterario mondiale sull' Olocausto. Come rileggerlo – è la domanda di molti insegnanti – con i linguaggi attuali. E, soprattutto,  in un paese come il nostro, agli ultimi posti in Europa per numero di libri letti e comprati all'anno per abitante.


Tuttavia, Lia Levi, una importante scrittrice italiana, padrona di una lingua accurata e di una felicità narrativa molto rara, è in grado di catturare l’attenzione di tutti. Specialmente dei bambini, avendo scritto molti libri per loro. Perché Lia Levi è ebrea, come Primo, come Carlo - scrittori italiani. E l'ebraismo è una delle sue qualità, che non la fa meno italiana, tutt’altro. Ha appena pubblicato un nuovo libro dal titolo Questa sera è già domani, edizioni E/O, anch’esso ambientato in Italia. Il romanzo s'ispira alla  vicenda accaduta a Luciano Tas,  giornalista  scomparso nel 2012 e compagno di vita della signora Levi.
Genova è la città dove avvengono parte dei fatti. Il protagonista è un bambino ebreo, Alessandro, che con la sua famiglia affronterà, la violenza della  guerra, le proibizioni  e  le discriminazioni razziali, inflitte ai giovani ebrei, dettate proprio dalle Leggi Razziali. A causa della persecuzione  dei nazisti e dei fascisti, che non vuole risparmiare nessun ebreo, il piccolo Alessandro sarà pertanto costretto a fuggire con i suoi genitori n Svizzera, per non finire deportato nei campi di sterminio dei nazisti. Alessandro  è un bambino ebreo  intelligente, colto,  considerato un piccolo genio dalla sua famiglia, tanto da saltare alcune classi e ritrovarsi prima del tempo al  liceo. La famiglia è di tradizione ebraica, ma non molto osservante. Solo sua madre Emilia frequenta il Tempio. Suo padre Marc era nato in Belgio, vissuto in Olanda e poi in Italia, con passaporto inglese e madrelingua francese.
Una famiglia come tante che però negli anni delle Leggi Razziali si scopre inaspettatamente e con incredulità diversa perché ebrea. Alessandro  con dolore crescente osserva i  tanti cambiamenti storici e sociali, con la guerra i suoi genitori via via si fanno insicuri, paurosi.
A suo padre e suo zio Osvaldo sarà proibito lavorare, lo stesso era toccato a Carlo lo zio ferroviere che però si sentiva più comunista che ebreo. I bambini e i ragazzi non potevano frequentare le scuole pubbliche e Alessandro aveva iniziato a frequentare una scuola ebraica realizzata dal rabbino e dalla Comunità. Inoltre,  ai bambini ebrei era vietato  giocare nei giardini pubblici o pattinare sul lungomare. Agli adulti ebrei  era vietato  possedere e guidare autoveicoli.
Con dolore e con angoscia Alessandro pone a se stesso delle domande, non ha il coraggio di parlarne con i suoi genitori ne loro con lui, egli pensa e si chiede: “Cosa voleva dire essere ebrei? Che  gli ebrei erano nemici del fascismo come i comunisti?” E  prende coscienza di un'altra identità, quella di essere ebreo:  ”Ci hanno regalato di forza un'identità”.
Nella parte finale della storia, Alessandro è al confine con la Svizzera, fuggiasco e clandestino  finisce in prigione insieme a suo padre e a sua madre, lontano dal nonno e dagli amati zii. Si rende conto che nemmeno i suoi genitori possono proteggerlo e salvarlo, con grande sconcerto vede suo padre provare uno sconfinato avvilimento. La storia ha un finale inaspettato, grazie proprio ad Alessandro.
Questa è una storia di salvati ed è stata scritta per gli adulti, ma può essere letta anche dai più piccoli. Un romanzo avvincente, molto descrittivo dei sentimenti dei personaggi in un Italia povera e dura, in cui il fascismo aveva fatto da padrone e aveva oppresso la vita di tanti. Un libro che coinvolge e fa riflettere. E che ci aiuta a conoscere e a ricordare l'orrore del razzismo e di quello che ha prodotto, durante la II guerra mondiale. Un libro che ci aiuta a essere migliori, guardando anche ai rigurgiti razzisti odierni.
Lia Levi - che ha diretto per  trenta anni il mensile ebraico Shalom - nel 1995 ha pubblicato per la prima volta un libro autobiografico dal titolo Una bambina e basta, un romanzo inaspettatamente divenuto famoso soprattutto tra i giovanissimi. Continua ancora ad essere letto e commentato in tante scuole. Lia  Levi da più di vent’anni ha scritto numerosi romanzi. Le sue storie hanno quasi sempre come protagonisti bambini e adolescenti ebrei che devono affrontare le vicende dolorose della guerra, della discriminazione razziale, diventata poi in Italia feroce persecuzione di tutti i cittadini ebrei,  con la promulgazione delle Leggi Razziali nel 1938. Per questo, ancora oggi e come altri sopravvissuti, spende molto del suo tempo e delle sue energie a testimoniare nelle scuole la sua vita, dialogando con tanti giovani a partire dai suoi libri e dai fatti storici della II guerra mondiale.

Stefania Massimi

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