Uscire dal clima di campagna elettorale permanente
Con la nomina dei viceministri e dei
sottosegretari, la formazione del governo Conte è completa. Com’è accaduto ai
precedenti governi negli ultimi due decenni, all’inizio ci sarà – anzi già c’è
(come mostrano alcuni sondaggi) - un discreto apprezzamento da parte dei
cittadini, anche al di là del bacino
elettorale delle forze politiche componenti il governo. E’ la cosiddetta luna
di miele. Quest’ultima solitamente dovrebbe durare un centinaio di giorni. E’
evidente che il mondo dell’informazione e gli osservatori del mondo politico
non possono restare con le mani in mano. Devono pur lavorare e narrarci
qualcosa.
In attesa, quindi, di poter formulare un
giudizio compiuto sull’attività del governo possiamo, tuttavia, aspettarci – o meglio
auspicare – atti, atteggiamenti (e dichiarazioni) capaci di riformare il Paese
per giungere ad una società più equa e ad un’economia più competitiva.
E’ evidente che siamo di fronte ad un
impegno arduo, anche in considerazione delle promesse fatte in sede di campagna
elettorale. Tuttavia, senza ombra di dubbio questo governo nasce ereditando un’economia
non certo in espansione ma in ripresa dopo aver superato una grave crisi
finanziaria e una importante recessione. E poi un altro fattore gioca a favore
di questo governo: le opposizioni, Forza Italia e soprattutto tutto il
variegato mondo politico di sinistra, sono oggi deboli politicamente e povere
di idee. Inoltre, gli esperti (aggettivo che in questi tempi gode di pessima
fama) aggiungono che i mercati finanziari e la politica monetaria non erano mai
stati così favorevoli.
Credo che - al fine di adottare
provvedimenti efficaci – è urgente cambiare il clima politico e culturale del
nostro paese. E, innanzi tutto, rimuovere un abito mentale, una vera e propria forma mentis, secondo la quale spesso le
difficoltà dei Paesi e gli insuccessi dei governi scaturiscono da complotti orditi dall’opera di oscure forze nemiche. In realtà, la Storia insegna (almeno
quella oggettivamente e scientificamente orientata) che generalmente i problemi
dei Paesi e dei governi hanno cause più profonde e dipendenti in buona parte a
caratteristiche di quei Paesi e a scelte sbagliate di quei governi. E’
oggettivamente insopportabile la narrazione in virtù della quale coloro che
hanno governato negli anni scorsi sono stati guidati dalla sadica volontà di
infliggere agli italiani sofferenze imposte da altri Paesi. Occorre convincersi
che certe politiche restrittive degli ultimi anni sono state purtroppo
necessarie per evitare l’insolvenza dello Stato, che avrebbe portato
all’impossibilità di pagare gli stipendi dei lavoratori pubblici e le pensioni.
E’ evidente che diversi vincoli posti in essere dall’adesione al Trattato dell’Unione europea andrebbero rimodulati. Ma basta con la perenne narrazione raffigurante un «Europa
matrigna». Anche in assenza di vincoli europei sarebbe da irresponsabili non
porsi il problema di quali sarebbero gli effetti domani sugli italiani, se il
disavanzo del bilancio dello stato assumesse dimensioni enormi.
Ha ragione Andrea Riccardi, fondatore
della Comunità di Sant’Egidio, quando dice che “c’è troppa
tensione ed emotività. Bisogna uscire da questo clima di campagna elettorale
permanente, che abbiamo vissuto e che rischiamo di vivere ancora”. E’ una
preoccupazione in sintonia con l’attenzione con cui la Chiesa cattolica
italiana guarda a quanto sta succedendo nel nostro paese, con la consueta prudenza
ed accortezza. Assai significativa è stata la Veglia per l’Italia organizzata
la settimana scorsa dalla Comunità di Sant'Egidio a Roma e presieduta dal
presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Bassetti, il quale giustamente
ha sostenuto che “c’è un tessuto umano da
ritessere in questi angoli di mondo e in tutta la società civile italiana in
nome della pace civile e sociale”. Il mondo intero ha bisogno di un’Italia
in pace, “perché siamo tutti
interdipendenti. C’è un’umanità italiana che non dobbiamo perdere o lasciar
stravolgere da odi o razzismi, ma incrementare e trasmettere ai nostri figli”.
A
margine della Veglia, Riccardi ha auspicato: “Pacificazione, unità e lavoro per il bene comune”, aggiungendo che “I nostri Paesi, senza l’Unione europea,
saranno niente sullo scenario mondiale”, dove “le divisioni sul fronte
migratorio diventano divisioni su tanti altri problemi”. Ha, pertanto,
ricordato l’importanza dei corridoi umanitari, che “continuano e continueranno”, definendoli “un modello a cui guarda ormai anche l’Europa per far arrivare i
migranti sul nostro suolo”. “L’Italia non è un condominio rissoso, ma una
nazione che ha un ruolo da giocare anche in Europa”.
Antonio Salvati
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