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La Cina e i sovranisti di casa nostra


E’ evidente la portata geopolitica degli accordi che l’Italia ha siglato nei giorni scorsi con la Cina. Xi Jinping e la sua foltissima delegazione non sono venuti in Italia casualmente o all’improvviso. La strategia cinese da anni si fonda sul dominio delle reti, siano esse fisiche o cibernetiche. I cinesi sono già presenti con Huawei (la cui tecnologia è ampiamente utilizzata da Ferrovie dello Stato e altre grandi imprese pubbliche italiane) e Ztw nella sperimentazione del 5G in Italia. Dal 2014 sono presenti nelle reti energetiche, quando State Grid Europe, società cinese controllata dallo Stato, ha acquistato il 35% di Cdp Reti ovvero di Snam, Italgas e Terna. Sono presenti anche in Telecom, un’azienda strategica per il sistema Italia. Dunque, non acquistano solo squadre di calcio come Inter e Milan.

Indubbiamente è la Cina che sta venendo da noi. Come del resto, è profonda la penetrazione cinese in Africa da tempo, tanto che è stato coniato il nuovo termine Chinafrique per indicare il complesso di relazioni fra la Repubblica Popolare Cinese e gli Stati africani. Un’espressione che si contrappone alla Françafrique, che evocava la tradizionale politica egemonica francese in Africa. Spesso la Cina viene dipinta come una vera e propria potenza neocoloniale, che si accaparra delle risorse del continente africano, sfruttando questi paesi e finanziando i più spietati dittatori. Tuttavia, ci segnalano diversi analisti, la questione però è più complessa di come appare.
Ma torniamo all’Italia e soprattutto alle “preoccupazioni” dei sovranisti di casa nostra. Senza entrare nel merito dei contenuti del pacchetto dei 29 accordi bilaterali firmati con il governo cinese – i cui contenuti specifici saranno certamente meglio noti ed analizzati nei prossimi giorni – occorre sostenere senza esitazioni è una buona opportunità per l’Italia. Non è un mistero che il nostro debito pubblico è altissimo e presumibilmente raggiungerà 2400 miliardi di euro per l’estate, la spesa è fuori controllo, gli esperti sostengono che non c’è un solo parametro che torni rispetto agli obiettivi di bilancio e che la stima di crescita dell’1% del PIL prevista da palazzo Chigi è assai inverosimile. Giustamente nei giorni scorsi lo storico Agostino Giovagnoli, noto esperto di cose cinesi, ricordava la vastità del potere politico, economico e militare cinese, tale da non farle temere alcunché. Tuttavia, la classe dirigente cinese ha lanciato il progetto One Belt One Road con la convinzione che il proprio suo futuro dipende da intese, negoziati, collaborazioni anche con chi è molto più piccolo, giungendo persino a sottoscrivere un Accordo con una sovranità che non dispone di territorio o popolazione (se non quelli strettamente necessari per garantire la libertà del suo sovrano): la Santa Sede. Se la Cina ha fatto una cosa simile, conviene chiedersi se la sovranità si difende con gli argomenti dei nostri “sovranisti”. Difficilmente sentirete da un sovranista una definizione compiuta e sensata di sovranità. Nel medioevo la sovranità era collegata al dovere del re di proteggere i suoi sudditi, in età moderna a quello degli Stati nazionali di proteggere i propri cittadini. Il controllo assoluto di un territorio da parte del potere rendeva tutto ciò possibile, fino a tempi relativamente recenti. Il mancato controllo del territorio (almeno in termini assoluti) è evocato anche dai sovranisti nostrani, spesso diffondendo paura, smarrimento, frustrazione. Alcune dichiarazioni roboanti in difesa della sovranità nazionale o del territorio nazionale fanno francamente sorridere di fronte ad un mondo globalizzato dove i flussi di merci, capitali, persone, informazioni ecc. passano attraverso tutte le frontiere, causando problemi nuovi e imprevisti e permettendo sempre meno a uno Stato nazionale di proteggere i propri cittadini. La vera sovranità – spiega efficacemente Giovagnoli – “dipende assai più dalla vitalità di una società e di un’economia nazionale che dai soldati schierati in difesa di confini territoriali sempre meno rilevanti. Che fare dunque?  Nel tempo della globalizzazione la sovranità si afferma sviluppando scambi, accordi, alleanze. Solo così ci si può mettere il più possibile al riparo – ormai nessuno è più padrone al 100% in casa propria – da ingerenze, assalti, penetrazioni che possono avere la natura più diversa e imprevedibile: economiche, telematiche, politiche ecc”.
Giovagnoli aggiunge che solo l’Europa, non i singoli Stati europei, è in grado di trattare da pari a pari con il colosso asiatico. In tal senso, è degno di interesse l’incontro in calendario il 26 marzo all’Eliseo fra il presidente cinese Xi Jinping, il suo omologo francese Emmanuel Macron, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e la cancelliera tedesca Angela Merkel, con la strategia di una visione corale dei rapporti fra la Ue e il gigante asiatico. L’Europa cerca un approccio di insieme con Pechino l’incontro dovrebbe essere preparatorio in vista del summit Ue-Cina in programma il 9 di aprile a Bruxelles, con un’agenda abbastanza fitta di argomenti sul tavolo: dai timori europei per le ingerenze tecnologiche della Cina alla definizione di nuovi vincoli per appalti e accordi commerciali.

Antonio Salvati

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