Opportunità e criticità nella Salute Mentale nel Lazio
Il
16 Maggio scorso si è svolto presso la Sede della Regione Lazio a Roma un convegno
dal titolo Criticità, urgenze e
possibili soluzioni nella salute mentale della Regione Lazio, organizzato
da UNASAM (Unione delle Associazioni della Salute Mentale) e dalla Comunità diSant’Egidio, insieme ad altre associazioni nel territorio. Un ulteriore
importante tappa regionale di un percorso verso la Conferenza Nazionale della
Salute mentale che si svolgerà il 14 e 15 giugno prossimi a Roma presso
l’Università “La Sapienza” e che metterà
al centro dell’attenzione i Diritti, la Libertà ed i Servizi a sostegno delle
persone con disturbi mentali.
Scopo
del convegno - come quello dei convegni organizzati in questo periodo nelle
altre Regioni italiane - è stato quello di promuovere e difendere i principi
che hanno inspirato la legge n. 180 nel 1978, poi
confluita nella legge n. 833 del 23 dicembre 1978, istitutiva del servizio
sanitario nazionale, tornante decisivo per la storia della legislazione sociale
in Italia. Quell’impianto normativo, ribattezzato nella vulgata “legge
Basaglia”, non si è limitato solo a sopprimere l’ospedale psichiatrico,
sancendone l’inadeguatezza quale istituto di cura per chi soffre di disturbi
mentali, ma ha disegnato pionieristicamente il sistema dei servizi di assistenza
psichiatrica senza e oltre il manicomio. Com’è noto, quel 13 maggio 1978
rappresenta una data storica: si stabilì per legge che, in Italia, non si
sarebbe dovuto rispondere mai più al disagio psichico con l’internamento e con
la segregazione. Fu il risultato di un percorso iniziato molti anni
prima con protagonista Franco Basaglia che fin dai tempi della sua attività a
Gorizia all’inizio degli anni sessanta, aveva compreso che se la malattia
mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità e della libertà,
nel manicomio il malato non trova altro che il luogo, dove sarà definitivamente
perduto, reso oggetto dalla malattia e dal ritmo dell’internamento. La legge
180 non significa però solo il superamento dell’istituzione “manicomio” ma crea
i presupposti per una riforma dei servizi di salute mentale e radica
nell’ordinamento italiano un sistema di assistenza reticolare su base
territoriale con la creazione di servizi centrati sulla persona e sulla
comunità che permettono ai pazienti di condurre la loro vita in contesti
sociali normali. Vi si rinviene, infatti, il fondamento per la creazione della struttura
amministrativa dei Dipartimenti di Salute Mentale, quali pilastri organizzativi
dell’assistenza psichiatrica. Il superamento dell’architrave della legislazione
giolittiana, che accostava la malattia mentale alla pericolosità sociale per sé
o per altri, e all’essere di pubblico scandalo, determina un radicale mutamento
del sistema dei trattamenti sanitari obbligatori, ora disciplinati dagli
articoli 33, 34 e 35 della legge. n. 833 del 1978. Dunque, l’abolizione per via legislativa
della falsa equazione disturbo mentale/pericolosità sociale, spostava il tema
dell’assistenza psichiatrica sul fronte dei diritti sociali, della fruizione delle
prestazioni assistenziali volte a garantire il diritto fondamentale alla salute
mentale, tutelato dall’articolo 32 della Costituzione. Il legislatore della
primavera del 1978 proiettò definitivamente la tutela della salute mentale
nell’alveo dei diritti costituzionali di ogni individuo e in modo prioritario
il diritto della libertà, di servizi socio-sanitari appropriati e
dell’inclusione sociale.
Presso la Sala Tirreno della Regione Lazio si sono
alternati alcuni esperti. Gisella Trincas, Presidente Nazionale di UNASAM, aprendo
i lavori ha delineato i temi che sui quali sarà necessario lavorare insieme nei
prossimi anni, tra Dipartimenti di Salute Mentale, associazioni, sindacati e privato
sociale. Degno di nota la sua lista dei temi principali che saranno trattati nei
tavoli della prossima Conferenza Nazionale:
a)
Le disuguaglianze
della salute mentale tra le varie regioni e l’esigenza di uniformare il livello
dei servizi a livello nazionale;
b)
Il potenziamento dei Dipartimenti di Salute
Mentale ed il loro ruolo di coordinamento nel territorio;
c)
La
costruzione di alternative alla residenzialità pesante ed a tutte le forme di
istituzionalizzazione dei malati;
d)
I trattamenti necessari e gli abusi, cattive e
buone pratiche negli interventi degli operatori della salute mentale (Trattamento
Sanitario Obbligatorio, Contenzione, abbandono, presa in carico);
e)
La dimensione
sociale della salute e l’integrazione con il welfare locale;
f)
Il
superamento degli Ospedali Psichiatrici
Giudiziari ed i punti critici nella realizzazione delle REMS
Paolo Ciani, Vice Presidente della Commissione
Sanità della Regione Lazio, non ha eluso i nodi da risolvere in questo contesto
nella Regione, soprattutto quello della necessità di stanziare nuove
risorse per migliorare le politiche territoriali a
sostegno dei malati con l’obiettivo di promuovere la partecipazione attiva delle
persone nella vita sociale. L’Assessora al Bilancio Sartore, riconoscendo che
la Regione Lazio è una di quelle più arretrate nel campo dei diritti e dei
servizi, ha assicurato il massimo impegno per collaborare con il mondo delle
associazioni per programmare nuovi interventi a sostegno della salute mentale.
La Sartore ha anche ricordato gli stanziamenti della Giunta nell’ultimo anno
per contrastare la povertà. Daniela Pezzi Presidente della Consulta della
Salute mentale della Regione Lazio ha delineato le principali criticità e
soprattutto la carenza di personale a tutti i livelli nei Dipartimenti di
salute Mentale regionali che, di fatto, rendono difficile la stessa presa in
carico degli utenti. Il Prof. Sandro Mancinelli, epidemiologo dell’Università
Tor Vergata ha offerto una lettura originale dei dati di salute e malattia e ha
ricordato come non si può prescindere da un approccio olistico alle
problematiche delle persone con disturbi mentali, affrontando in modo unitario
alcuni determinanti di salute e soprattutto quelli economico-sociali, come il
diritto alla casa, al lavoro, al servizio sociale ed all’assistenza domiciliare
insieme all’erogazione di appropriati servizi sanitari ed ai determinanti
ambientali. Le associazioni dei familiari e degli utenti hanno evidenziato la
difficoltà di vita dei malati nel quotidiano ed anche le poche opportunità di
lavoro. Sono intervenuti anche Luigina Di Liegro, Presidente della Fondazione
don Luigi Di Liegro, che ha parlato di salute mentale ed adolescenti e la
Responsabile dell’Ostello Caritas a Roma, Luana Melia che, insieme allo
Psichiatra Giuseppe Riefolo, ha focalizzato il tema dei senza fissa dimora con
disagio psichico.
Massimo Magnano, per la Comunità di Sant’Egidio, ha
parlato di nuove forme di residenzialità leggera e di lotta
all’istituzionalizzazione, descrivendo l’esperienza delle convivenze protette
di Sant’Egidio per persone con disturbi mentali e disagio sociale nate a
Civitavecchia nell’Ottobre 2012, espressione di una rete in espansione, anche in altre città del
Lazio. Le convivenze protette sono
normali abitazioni in zone centrali o residenziali vicine al centro, supportate
da volontari e operatori; non si tratta di strutture sanitarie, bensì di realtà
sociali che, attraverso gli operatori di Sant’Egidio, sono collegate ai servizi
sanitari quali il medico di famiglia, i servizi della salute mentale territoriali
e i servizi sociali. Sul fondamento della legge n. 180, le persone con disagio
psichico e sociale hanno diritto alla libertà, all’integrazione, all’inclusione
e a “abitare”, laddove si sia interrotta la convivenza e il legame con la
famiglia di origine, con altre persone, in condizioni in cui sia loro
consentita una partecipazione attiva alla vita sociale e un agevole accesso ai
servizi commerciali, sociali e sanitari. L'esperienza delle convivenze protette
per persone con disagio psichico e sociale nasce nel territorio dell’ASL Roma
4, in particolare nel Comune di Civitavecchia, su iniziativa di Sant’Egidio. Un
protocollo d’intesa tra Sant’Egidio, ASL e Comune, è stato siglato nel novembre
2017 allo scopo di ufficializzarle e creare un possibile modello di
residenzialità leggera. I servizi territoriali del DSM e del SerD (Servizio per
le Dipendenze) ne hanno incoraggiato lo sviluppo, perché rispondenti al bisogno
sociale delle persone fragili prese in carico dai servizi, consentendo di
attuare progetti individualizzati di maggiore efficacia. Si tratta di
convivenze in piccoli nuclei, da due a sei persone, dove si vive in uno spirito
familiare. Le convivenze sono “protette” dal supporto quotidiano di operatori
socio sanitari (OSS) e volontari di Sant’Egidio adeguatamente formati, dalla
presa in carico degli ospiti da parte del DSM e/o del SerD, dalle visite del
medico di base e dal sostegno sociale da parte del Comune e dell’Ufficio
Tutele.
La mission degli organizzatori e dei partecipanti del convegno è quella di
costruire, sul solco della legge 180, nuove e rinnovate politiche per la salute
mentale che integrino ed includano le persone nel tessuto della società dando loro diritti ed
opportunità come quello della casa, della convivenza, del lavoro, del
volontariato del sostegno sociale e
delle cure sanitarie. E’ il caso di dire che tutto questo è “cura”, ed ognuno,
anche la persona più marginale, è “risorsa”.
Massimo Magnano
Antonio Salvati
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