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Prendiamoci cura del Creato. #climatechange


Il cammino di riflessione che la Chiesa sta facendo sulla Biodiversità – cammino davvero esemplare che tante altre istituzioni dovrebbero prendere ad esempio – mostra l’intelligenza pastorale della Chiesa, davvero maestra in umanità. Papa Francesco, in sintonia con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, invita tutti i fedeli a riflettere, chiedendo un ulteriore approfondimento al cammino fatto finora. Il tema, tuttavia, non è innanzi tutto di natura dottrinale. Non è solo una questione di particolare creatività pastorale, ma di accompagnamento, di discernimento e, pertanto, si richiede un’attenzione ancora più profonda. A questo proposito, è degno di nota il Messaggio per la Giornata nazionale per la Custodia del Creato, che la Chiesa italiana celebrerà il 1° settembre 2019. La chiesa italiana promuove ogni anno, con tutte le altre comunità ecclesiali europee una giornata di riflessione e preghiera per la tutela del Creato. Si celebra il 1 settembre su proposta dei cristiani ortodossi (per i quali quel giorno coincide col nuovo anno ecclesiastico).  Il testo è firmato da due Commissioni episcopali CEI: la Commissione per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo.


Uno dei richiami dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco è imparare a guardare alla biodiversità. La Giornata per la Custodia del Creato è allora anche quest’anno per la Chiesa italiana un’occasione per conoscere e comprendere quella realtà fragile e preziosa della biodiversità, di cui anche la nostra terra è così ricca. Proprio il Messaggio ci ricorda che il territorio italiano è caratterizzato da una varietà di organismi e di specie viventi acquatici e terrestri, che formano ecosistemi che si estendono dagli splendidi boschi delle Alpi - le montagne più alte d’Europa - fino al calore del Mediterraneo. I vescovi invitano ad uno sguardo contemplativo, facendo eco alle parole bibliche: «Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature» (Sal. 104, 24); «Tu hai compassione di tutte le cose, perché tutte sono tue» (Sap. 11, 26).
Insieme alla contemplazione della bellezza i vescovi allertano sulla minaccia che grava sulla biodiversità, a causa di attività e forme di sviluppo che non ne riconoscono il valore: «per causa nostra migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza, né potranno comunicarci il loro messaggio. Non ne abbiamo il diritto» (Laudato si’ n.33).
La struttura del pianeta è delicata e fragile e, soprattutto, fondamentale per la vita della famiglia umana. Viviamo in una rete, in una creazione che ci connette gli uni agli altri. Mettere a repentaglio tale rete «significa mettere a rischio alcune delle fondamentali strutture della vita con un comportamento irresponsabile. Si eviti, quindi, di distruggere realtà di grande valore anche dal punto di vista economico, con impatti che gravano soprattutto sui più fragili. L’attenzione ai più poveri è condizione di possibilità per una vera salvaguardia della biodiversità. Non a caso l’esortazione apostolica Evangelii gaudium sottolineava che «mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che (...) possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione » (n.215): la perdita di biodiversità è una delle espressioni più gravi della crisi socioambientale».
Cosa devono fare i cristiani? Laudato sì’ ricorda che «siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre, perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace bellezza e pienezza» (n.53). Occorre convertirsi, ossia cambiare precise abitudini, facendoci custodi della terra e della biodiversità che la abita. Importante il richiamo alle pratiche di coltivazione realizzate secondo lo spirito del monachesimo che hanno reso possibile la fertilità della terra senza modificarne l’equilibrio. Utilizzare, inoltre, nuove tecnologie orientate a valorizzare il biologico. Occorrerà opporsi alle tante pratiche che degradano e distruggono la biodiversità: la deforestazione, il proliferare delle monocolture, il crescente consumo di suolo o l’inquinamento che lo avvelena e quant'altro. E’ tempo che ogni comunità si impegni in una puntuale opera di discernimento e di riflessione. In altri termini, occorre iniziare a conoscere il patrimonio dei nostri territori, riconoscerne il valore, promuoverne la custodia.
Senza pensare che c‘è sempre tempo per cambiare. In realtà, i segni delle ferite inferte al nostro ecosistema sono già ampiamente evidenti. Infatti, quando il nostro pianeta è contaminato dall’opera (e dagli scarti) dell’uomo spesso reagisce esattamente come può capitare a qualsiasi essere malato: cambia la tonalità del colore della pelle. Come ci hanno spiegato diversi esperti, abbiamo oceani color zaffiro, neve alpina che dal bianco sfuma al beige, venato di corallo. Laghi un tempo color smeraldo e blu, oggi degradano verso un verde oliva misto a terra di Siena bruciata, tendente al marrone e a volte al colore rosso sangue. Lo stesso color vermiglio della pioggia che recentemente ha inondato la Scozia. E città sempre più grigie, non solo a causa delle cappe di smog: colpa delle sfumature del cemento, il secondo elemento più usato sulla Terra dopo l’acqua. I colori naturali del mondo stanno sfumando in nuove cromie e l’uomo ne è responsabile. Il cambiamento climatico si traduce non solo in un cambiamento cromatico del nostro habitat naturale, ma può incidere anche sull’emotività degli individui. Pensiamo all’utilizzo della cromoterapia e all’uso dei colori come metodo curativo e ai loro effetti al benessere psicofisico. Disse Winston Churchill: «Ci sono tre grandi cose al mondo: gli oceani, le montagne e una persona impegnata».

Antonio Salvati

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