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95 anni fa l'uccisione di Matteotti

Giacomo Matteotti nasce il 22 maggio 1885 a Fratta Polesine, paese vicino Rovigo.
StudiĆ² con passione ed interesse e si laureĆ² in Giurisprudenza. Dopo le prime esperienze politiche di unƬ al Partito Socialista Unitario di cui divenne anche Segretario, nel 1922. Ero un fiero avversario del fascismo di Mussolini e denunciava gli abusi dei suoi fedeli.
Nel 1924, Matteotti era appena stato rieletto con il nuovo sistema elettorale voluto da Mussolini ed introdotto dall’allora ministro del partito fascista, Giacomo Acerbo. La legge permetteva a Mussolini di incamerare una forte maggioranza parlamentare per governare piĆ¹ agevolmente.
Matteotti, con la sua formazione e la sua idea politica, chiarƬ da subito ch fosse un fiero oppositore della maggioranza fascista, tanto che gli venne persino ritirato il passaporto, per limitare la sua attivitĆ  politica. Nonostante ciĆ², riuscƬ comunque ad andare in Inghilterra, per cercare informazioni e prove su compromissioni e corruzione di uomini del regime, in merito alle prime forniture petrolifere verso l’Italia.
RientrĆ² in Italia per la seduta inaugurale del Parlamento neoeletto, e Matteotti pronunciĆ² un intervento - tra l’altro, improvvisando - di forte denuncia del clima di violenza e illegalitĆ  nel quale si erano svolte le elezioni e che erano state evidentemente condizionate, tanto da chiederne ufficialmente l’annullamento.
Fu un intervento fiume, che durĆ² piĆ¹ di un’ora, pronunciato in un clima parlamentare incandescente, tra interruzioni, urla e minacce dei fascisti proprio nei suoi confronti. Conclusa la sua veemente requisitoria, ai colleghi di partito che si congratulavano con lui e che lo abbracciavano, si narra che avrebbe detto di preparare la sua commemorazione funebre!
Alla seduta era presente lo stesso Mussolini, il quale - narrano le cronache - aveva manifestato insofferenza nei confronti di un cosƬ accalorato oppositore, tanto da chiedere: “Liberatemi da lui”!
A Roma, il 10 giugno di 95 anni fa, difatti Giacomo Matteotti viene aggredito su Lungotevere Arnaldo da Brescia, da cinque fascisti che lo caricano su un’auto e lo portano via, mentre si stava recando a Montecitorio. Lui prova a difendersi e a divincolarsi, ma lo feriscono con un pugnale. VerrĆ  colpito diverse volte e morƬ. 

Il suo corpo verrĆ  ritrovato solo il 16 agosto, abbandonato sulla via Flaminia, nei pressi di Riano, scorto da un carabiniere della zona. A seguito di indagini e testimonianze oculari si venne a sapere che i responsabili del rapimento e della sua uccisione furono Dumini, Volpi, Malacria e Viola, tutti facenti parte delle squadre fasciste di Mussolini, ma non furono presi provvedimenti, nemmeno dal Re.
Ai suoi funerali, celebrati nel suo paese Natale, parteciperanno diecimila persone. I cronisti dell’epoca fecero notare che gli abitanti di Fratta Polesine erano meno di un terzo dei partecipanti alle esequie! Presenti anche diversi fascisti che avevano conosciuto Matteotti, ma nessuno indossava la camicia nera.
Nel corso delle esequie, piĆ¹ volte si alzarono cori inneggianti alla “Vendetta, giustizia va fatta” come anche altri “Viva Matteotti”.
La vedova del deputato, Velia Titta, con grande presenza di spirito e senso di responsabilitĆ , pur segnata e sconvolta dal dolore, disse ai presenti: “Andate a casa. Siate buoni ed amatevi come insegnĆ² GesĆ¹”.
Il delitto di Giacomo Matteotti rappresentĆ² un punto di non ritorno: superata la crisi, Mussolini promulgĆ² tra gli anni 1925 e 1926 le cosiddette “Leggi fascistissime” che, pezzo dopo pezzo, smontarono lo stato liberale, di diritto, instaurando una dittatura.
La figura di Matteotti fu messa al bando: giĆ  solo pronunciarne il nome in pubblico poteva costare seri guai personali, mentre la sua famiglia, la mamma, la moglie e i suoi tre figli vissero a Fratta sotto strettissimo controllo.
La reazione all’uccisione del giovane deputato fu ferma ed energica, ma si realizzĆ² la fine dell’illusione di scendere a patti con il fascismo, mantenendo fermi gli ideali di libertĆ  e democrazia. Alcuni fascisti ebbero un ripensamento a causa di questo omicidio, e si risvegliĆ² l’opposizione socialista, comunista di Turati, Modigliani, Treves e quella del liberale Amendola. Essi interruppero la loro partecipazione alle sedute del Parlamento, chiedendo di prima di restaurare l’autoritĆ  della legge e l’abolizione della milizia dei partiti.
L’episodio verrĆ  ricordato nei libri di storia come la “Secessione dell’Aventino”.
Un episodio fortemente simbolico, ma che non avrĆ  alcun effetto concreto sulla piega che aveva preso la politica.
Nel marzo del 1925, si delineava con piĆ¹ forza lo stato fascista di Mussolini. Sicuro del consenso e della forza che lo sosteneva, in un discorso si assumeva piena responsabilitĆ  “politica, morale e storica” dell’uccisone di Matteotti.
Talmente sicuro del consenso e della sua forza politica, fondata molto sull’idea dell’uomo forte e nuovo che doveva portare il paese a nuovi fasti, introdusse le suddette “Leggi fascistissime”, non tralasciando di amicarsi un consenso anche fra gli esponenti della cultura e dell’universitĆ .
Infatti, importante fu l’apporto del filosofo Giovanni Gentile che redasse il “Manifesto degli intellettuali fascisti”, proprio nel solco dell’appropriamento culturale, sociale oltre che politico dello Stato italiano.
La breve parabola politica di Giacomo Matteotti, bruscamente interrotta da un brutale omicidio ha fatto sƬ che venga ricordato solo per la sua morte.
Fin dall’inizio della sua passione politica comprese l’importanza del sistema scolastico di base, realizzando il pensiero che se classi contadine non si elevavano culturalmente e socialmente, sarebbe irrealizzabile un cambiamento del Paese.
Aveva posizioni di riformatore, spesso condite da un temperamento focoso, scarsamente incline al compromesso. Giovane attivista, colto e preparato, fu riconosciuto come il leader dei socialisti nel Polesine.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Giacomo assunse una linea rigorosamente neutrale tra le parti in guerra.
Matteotti colse e denunciĆ² la natura totalitaria del fascismo, che avversĆ² con forti e fieri resoconti parlamentari e politici.
Era convinto che non vi potesse essere socialismo senza democrazia, ma pure che la lotta per allargare e approfondire gli spazi democratici ĆØ lotta per il socialismo.
L’idea di “socialismo” in Matteotti era in una societĆ  liberata dallo sfruttamento e dalla oppressione dell’uomo sull’uomo; come dalla fine della riduzione a merce del lavoro umano, dall’autogoverno di tutti in forme sempre piĆ¹ avanzate grazie al progresso della scienza e della tecnica. Al contempo, era consapevole che il socialismo non fosse una via politica semplice da perseguire ma, comunque i principi erano chiari: rendere piĆ¹ giusta, libera ed eguale la convivenza tra gli uomini e le donne, questo ĆØ il messaggio che la sua, seppur breve, azione politica ci ha lasciato.

Germano Baldazzi

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