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Obiettivo fame zero

“Il cibo è nutrizione, vita, salute. Tutti ne hanno diritto. Nessuno deve essere escluso”.
Il 16 ottobre di ogni anno si celebra il “World Food Day”, (Giornata Mondiale dell’Alimentazione), in onore della fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione (FAO), nata il 16 ottobre 1945. Organizzazione che ha il precipuo scopo di evitare sprechi alimentari. 

Gli ultimi dati resi noti dalle organizzazioni internazionali, stimano in 820 milioni le persone che soffrono per la fame, in tutto il mondo.
L’obiettivo principale dell’organizzazione è di raggiungere “Fame Zero” nel mondo entro il 2020.
Se 820 milioni sono le persone che soffrono per la fame, ancora più alto, invece, è il numero delle persone considerate obese.
Quali azioni intraprendere per raggiungere un traguardo ambizioso ma, al contempo, un obbligo morale, cioè, che nel mondo, con le conoscenze, lo sviluppo, la tecnologia e il benessere diffuso, nessuno più soffra per la fame?
Per ottenere un simile traguardo, la FAO indica delle “best practices” da seguire: mangiare sano, e quindi non “junk food”, cioè cibo spazzatura, imparare a leggere le etichette degli alimenti, rispettare il cibo e ciò che avanza, come i suoi produttori, quindi senza operare sfruttamento, in nessun senso.
Un’alimentazione sana, unita agli aspetti appena elencati, sono una strada per il raggiungimento dell’obiettivo: “Fame zero”.
Sull’argomento è intervenuto anche Papa Francesco, che ha auspicato: “Lavoriamo insieme perché ogni persona possa avere accesso ad una alimentazione adeguata, secondo la volontà di Dio”.
Anche il premier Giuseppe Conte ha parlato del “World Food Day”, ricordando che: “Oggi, oltre 372 milioni di adulti e 124 milioni di giovani tra i 15 e i 19 anni nel mondo sono obesi; oltre 40 milioni di bambini sotto i 5 anni sono in sovrappeso. In Italia il cibo è al centro dell’esperienza sociale, (…) rappresenta l’artigianalità della comunità ed è il risultato di un migliore utilizzo delle risorse, della tutela del paesaggio e della memoria del territorio, cioè di cosa sia riuscito ad elaborare nel corso dei secoli”.
La ministra per le Politiche Agricole, Teresa Bellanova è intervenuta per sostenere la “sfida di raggiungere Fame Zero, riducendo gli sprechi, sostenendo lo sviluppo di un’economia di tipo circolare e lottando contro fame e diseguaglianze”.
Aumentare il riciclo, azzerare lo spreco e sostenere la consapevolezza del traguardo da raggiungere sono i tre campi di lavoro su cui operare.
I dati sulla fame e l’obesità incidono anche sui budget sanitari degli stati nella misura di 2000 miliardi di dollari all’anno, per curare le patologie causate dall’obesità anche infantile.
I genitori delle persone adulte di oggi, ad ogni pasto si raccomandavano con i figli di finire sempre tutto quello che si aveva nel piatto, perché nel mondo c’era (e c’è tuttora!) chi oggi avrebbe mangiato. Era una sana raccomandazione, ma i ragazzi di ieri non capivano tanto il nesso tra i due mondi che erano così lontani e, spesso, separati.
Oggi, che siamo tutti più vicini e connessi, vediamo e conosciamo ogni cosa nel mondo, sappiamo pure che circa il 30% del cibo prodotto ogni giorno va sprecato e finisce in discarica e, comunque, ci sono sempre centinaia di milioni di persone che non mangeranno. Si parla di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato.
L’impatto delle coltivazioni e dell’allevamento sono importantissimi per il pianeta: se coltivassimo meno ci sarebbe più spazio nel pianeta per riequilibrare il sistema della natura facendo ricrescere piante e foreste. Se mangiassimo meno carne e solamente quella proveniente da allevamenti cosiddetti “sostenibili”, l’impatto sull’ecosistema si ridurrebbe di tantissimo. In tal modo, gli allevatori potrebbero creare le “Smart-farm”, cioè allevamenti intelligenti, che utilizzino le nuove tecnologie e sistemi all’avanguardia. Investire con convinzione in questo campo sarebbe una notevole boccata d’ossigeno per il pianeta!
La stessa pratica la si può applicare per la pesca, poiché se scomparisse il pesce, circa 800 milioni di persone rimarrebbero il loro primario nutrimento.
Un altro tasto dolente è lo spreco di cibo prodotto: qui il danno è duplice, poiché oltre allo spreco, dobbiamo accollarci anche il danno dell’inquinamento causato dalla produzione del cibo in eccesso e non redistribuito.
Un dato da tenere a mente: il 95% del cibo che finisce nella spazzatura è prodotto dai paesi industrializzati, mentre solo il 5% del cibo dei paesi poveri finisce nella pattumiera!
La Giornata Mondiale dell’Alimentazione è stata l’occasione per un focus su come sprecare meno o riutilizzare il cibo in eccesso: recentemente sono state create alcune applicazioni per smartphone in cui, a fine giornata, alcuni esercizi commerciali (circa 200 nella città di Roma e più di 1000 in tutta Italia), per limitare al massimo gli sprechi di cibo, rimettono in vendita l’invenduto con una formula diversa: con la app “Too Good To Go” (per fare un esempio) si può acquistare una “magic box” con una parte dell’invenduto del giorno: a partire da pochi euro, a salire, si può acquistare un pacchetto creato appositamente da ristoranti, forni, bar, pasticcerie, supermercati e cucine degli hotel. Non si può sapere prima quello che si acquisterà, ma il livello dei prodotti è assicurato!
Un discorso a parte, che non posso fare ora, meriterebbe anche la produzione e lo smaltimento delle confezioni dei cibi che acquistiamo che producono un altro livello di inquinamento, con prodotti che, spesso, non sono o non possono essere riciclati, ma sarà “materiale” per una successiva riflessione!

Germano Baldazzi

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