Da Kinshasa a Roma: la vicenda di 31 bambini italo-congolesi riaccende i riflettori sull’adozione internazionale
Si è appena felicemente conclusa la vicenda dei 31 bambini adottati nella Repubblica Democratica del Congo da 24 famiglie italiane e poi rimasti bloccati nel paese centrafricano.
C’è la soddisfazione istituzionale, di chi - Governo in primis - si è adoperato per risolvere la questione. C’è la gioia, commossa e grata, dei genitori adottivi. C’è quella dei piccoli, che entrano finalmente nel paese di cui d’ora in poi saranno cittadini, che trovano il calore e l’affetto di cui hanno bisogno.
C’è forse anche modo di riflettere di più su un tratto bello e importante della nostra Italia. La penisola, infatti, è da sempre in cima alle classifiche dei paesi che adottano, e se a volte la società italiana si rivela un po’ provinciale, l’adozione internazionale, come pure la cooperazione e tanto altro, fanno emergere i nostri lati migliori, l’estroversione e l’apertura al mondo, una capacità di connessione e di visione.
I percorsi e le storie di un’adozione differiscono fra loro, per le circostanze che li determinano, per il paese in cui si collocano, per le grandi o piccole difficoltà che li caratterizzano - e però, come diceva ieri una mamma, Alessandra, “Le difficoltà ci sono, ma ora, con mia figlia e mio figlio che si abbracciano, dico che ne vale la pena” -. E al tempo stesso si assomigliano, perché sono tutti una grande avventura, di vita, di mondo, di umanità.
Francesco De Palma
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