Recensioni: Roma, capitale 2.0, un libro, un approccio originale alla città di Roma
Forse ha ragione Roberto Morassut quando cita Pasolini e tenta di convincere Sergio Rizzo che è possibile scoprire una qualche bellezza anche nei quartieri più degradati di Roma: alludendo - forse inconsapevolmente - più all'invito di papa Francesco a ripartire dalle periferie geografiche ed esistenziali del nostro mondo che al fortunato film di Paolo Sorrentino.
Certo è però che in molti casi le difficoltà del quotidiano sovrastano la vita della città e dei suoi abitanti ed occorre munirsi di una qualche visione per non abbandonarsi allo sconforto, al lamento o - peggio ancora - ad uno spirito di disfatta; od anche, auspicabilmente, per provare a migliorare qualcosa.
Così, tra la città che è stata e quella che potrebbe essere, lunedì sera alla Casa dell'architettura si è discusso vivacemente della Capitale, in occasione della pubblicazione del libro di Roberto Morassut, Roma Capitale 2.0. La nuova questione romana.
Alla presentazione del libro, oltre l'autore (già assessore all'urbanistica negli anni del sindaco Veltroni), sono intervenuti tre giornalisti di spicco, a copertura di un esteso arco d'opinione: Daniela Preziosi per il manifesto, autrice della prefazione, il direttore de il Messaggero Virman Cusenza e Sergio Rizzo per il Corriere della sera.
L'ex Acquario romano di piazza Manfredo Fanti che ha ospitato l'evento era gremito: amministratori, architetti, militanti, curiosi, semplici cittadini.
Si è trattato in effetti di una occasione piuttosto unica - almeno in tempi recenti - per convocare una riflessione politica sulla città, cosa di cui evidentemente si sente il bisogno.
Ma la città reale è emersa prepotente negli interventi, con le sue contraddizioni e i suoi bisogni, la crisi di identità di questi ultimi anni e le scarse prospettive dei tempi di crisi e di spending review: rifiuti e periferie, razzismo e servizi pubblici, immigrazione e ambiente, edilizia e globalizzazione, solo per citare alcuni tra gli argomenti evocati. E poi, su tutto, l'urbanistica e lo sviluppo della città, nella prospettiva del piano regolatore del 2008, che Morassut portò all'approvazione.
Daniela Preziosi ha sornionamente evocato Mao Zedong per difendere la bontà della critica e dell'autocritica, mentre Cusenza ha parlato di "eresia" politica per elogiare l'originalità delle posizioni di Morassut; ma non c'è dubbio che - al di là della denuncia di quello che non va - la città attende una visione e una nuova iniziativa, non solo di governo politico.
In questo senso può essere letta l'allusione al "riformismo civico" per la Capitale, evocato nel sottotitolo del libro, come pure il riferimento alla "questione romana". Eppure, a voler richiamare le grandi stagioni della storia della Capitale, tornano alla memoria le parole che Theodor Mommsen rivolse a Quintino Sella nel 1871, all'indomani della presa di Roma da parte del governo sabaudo: «Che intendete fare a Roma? Questo ci inquieta tutti; a Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti. Che cosa intendete fare?» Una domanda, questa sui propositi, drammaticamente attuale, alla quale i romani di oggi potrebbero - magari fantasiosamente - provare a dare una risposta.
Paolo Sassi
Certo è però che in molti casi le difficoltà del quotidiano sovrastano la vita della città e dei suoi abitanti ed occorre munirsi di una qualche visione per non abbandonarsi allo sconforto, al lamento o - peggio ancora - ad uno spirito di disfatta; od anche, auspicabilmente, per provare a migliorare qualcosa.
Così, tra la città che è stata e quella che potrebbe essere, lunedì sera alla Casa dell'architettura si è discusso vivacemente della Capitale, in occasione della pubblicazione del libro di Roberto Morassut, Roma Capitale 2.0. La nuova questione romana.
Alla presentazione del libro, oltre l'autore (già assessore all'urbanistica negli anni del sindaco Veltroni), sono intervenuti tre giornalisti di spicco, a copertura di un esteso arco d'opinione: Daniela Preziosi per il manifesto, autrice della prefazione, il direttore de il Messaggero Virman Cusenza e Sergio Rizzo per il Corriere della sera.
L'ex Acquario romano di piazza Manfredo Fanti che ha ospitato l'evento era gremito: amministratori, architetti, militanti, curiosi, semplici cittadini.
Si è trattato in effetti di una occasione piuttosto unica - almeno in tempi recenti - per convocare una riflessione politica sulla città, cosa di cui evidentemente si sente il bisogno.
Ma la città reale è emersa prepotente negli interventi, con le sue contraddizioni e i suoi bisogni, la crisi di identità di questi ultimi anni e le scarse prospettive dei tempi di crisi e di spending review: rifiuti e periferie, razzismo e servizi pubblici, immigrazione e ambiente, edilizia e globalizzazione, solo per citare alcuni tra gli argomenti evocati. E poi, su tutto, l'urbanistica e lo sviluppo della città, nella prospettiva del piano regolatore del 2008, che Morassut portò all'approvazione.
Daniela Preziosi ha sornionamente evocato Mao Zedong per difendere la bontà della critica e dell'autocritica, mentre Cusenza ha parlato di "eresia" politica per elogiare l'originalità delle posizioni di Morassut; ma non c'è dubbio che - al di là della denuncia di quello che non va - la città attende una visione e una nuova iniziativa, non solo di governo politico.
In questo senso può essere letta l'allusione al "riformismo civico" per la Capitale, evocato nel sottotitolo del libro, come pure il riferimento alla "questione romana". Eppure, a voler richiamare le grandi stagioni della storia della Capitale, tornano alla memoria le parole che Theodor Mommsen rivolse a Quintino Sella nel 1871, all'indomani della presa di Roma da parte del governo sabaudo: «Che intendete fare a Roma? Questo ci inquieta tutti; a Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti. Che cosa intendete fare?» Una domanda, questa sui propositi, drammaticamente attuale, alla quale i romani di oggi potrebbero - magari fantasiosamente - provare a dare una risposta.
Paolo Sassi
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