Siria: l’Isis alle porte di Aleppo. L’allarme del vescovo Marayati lanciato ieri a Roma
“Sono arrivati a 30 chilometri dalla città. La gente ha paura perché ha negli occhi quanto è successo a Mosul in Irak: in 24 ore l’Isis è entrato, i cristiani sono scappati per primi”. L’allarme è stato lanciato ieri a Roma dall’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Butros Marayati, nel corso di un’audizione davanti al Comitato permanente per i diritti umani presso la Commissione esteri.
Culla del cristianesimo orientale, la più grande città della Siria settentrionale è da mesi sotto pesante assedio, controllata per due terzi dai ribelli jihadisti e
per la parte restante dalle forze governative. È di ieri la notizia che il governo di Damasco avrebbe acconsentito ad una tregua degli scontri della durata di sei settimane e si auspica che all’accordo si uniscano anche le altre forze in lotta nell’area. Sarebbe un primo sì all’appello internazionale “Save Aleppo” lanciato lo scorso anno per salvare la città dall’assedio.
Marayati ha raccontato il dramma della popolazione di Aleppo. Soprattutto fra i cristiani della città c’è stato un vero e proprio esodo. Due terzi dei fedeli hanno già lasciato la Siria. “Due anni fa noi vescovi dicevamo di rimanere perché speravamo sarebbe arrivata presto la pace” - ha detto Marayati – “oggi non possiamo più farlo perché rimanere è un grave pericolo”. Se arrivasse improvvisamente l’Isis, l’unica via di fuga sarebbe la Turchia, ma per gli armeni è un’ipotesi impraticabile quella di tornare nel paese dove 100 anni fa venne fatta strage della minoranza cristiana.
“La domanda per noi cristiani è: rimaniamo o partiamo?” ha detto con dolore il vescovo di Aleppo, raccontando la tragedia della vita quotidiana nella città. Nonostante gli aiuti internazionali riescano oggi a raggiungere la popolazione, rimane difficile procurarsi l’acqua potabile, dal momento che è disponibile per una sola ora al giorno nella parte controllata dai ribelli jihadisti. Non è cessata neanche la distruzione dei luoghi di culto: pochi giorni fa è stata colpita da un razzo la cupola della cattedrale armeno cattolica della città e oggi è inagibile. Sono 110 le chiese distrutte in Siria dall’inizio del conflitto. Da due anni non si hanno notizie dei vescovi Mar Gregorios e Paul Yazigi, rapiti mentre portavano aiuti alla popolazione, come anche del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio e dei preti siriani Michel Kayyal e Maher Mahfouz.
Marayati ha auspicato da parte dell'Italia e degli altri Paesi europei un aiuto per arginare l’esodo della popolazione cristiana nella regione, ma allo stesso tempo di attivare una politica dei visti che consenta ai credenti perseguitati di accedere allo status di rifugiato senza dover ricorrere a complicate vie di fuga che fanno cadere in mano ai trafficanti di vite umane.
Culla del cristianesimo orientale, la più grande città della Siria settentrionale è da mesi sotto pesante assedio, controllata per due terzi dai ribelli jihadisti e
per la parte restante dalle forze governative. È di ieri la notizia che il governo di Damasco avrebbe acconsentito ad una tregua degli scontri della durata di sei settimane e si auspica che all’accordo si uniscano anche le altre forze in lotta nell’area. Sarebbe un primo sì all’appello internazionale “Save Aleppo” lanciato lo scorso anno per salvare la città dall’assedio.
Marayati ha raccontato il dramma della popolazione di Aleppo. Soprattutto fra i cristiani della città c’è stato un vero e proprio esodo. Due terzi dei fedeli hanno già lasciato la Siria. “Due anni fa noi vescovi dicevamo di rimanere perché speravamo sarebbe arrivata presto la pace” - ha detto Marayati – “oggi non possiamo più farlo perché rimanere è un grave pericolo”. Se arrivasse improvvisamente l’Isis, l’unica via di fuga sarebbe la Turchia, ma per gli armeni è un’ipotesi impraticabile quella di tornare nel paese dove 100 anni fa venne fatta strage della minoranza cristiana.
“La domanda per noi cristiani è: rimaniamo o partiamo?” ha detto con dolore il vescovo di Aleppo, raccontando la tragedia della vita quotidiana nella città. Nonostante gli aiuti internazionali riescano oggi a raggiungere la popolazione, rimane difficile procurarsi l’acqua potabile, dal momento che è disponibile per una sola ora al giorno nella parte controllata dai ribelli jihadisti. Non è cessata neanche la distruzione dei luoghi di culto: pochi giorni fa è stata colpita da un razzo la cupola della cattedrale armeno cattolica della città e oggi è inagibile. Sono 110 le chiese distrutte in Siria dall’inizio del conflitto. Da due anni non si hanno notizie dei vescovi Mar Gregorios e Paul Yazigi, rapiti mentre portavano aiuti alla popolazione, come anche del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio e dei preti siriani Michel Kayyal e Maher Mahfouz.
Marayati ha auspicato da parte dell'Italia e degli altri Paesi europei un aiuto per arginare l’esodo della popolazione cristiana nella regione, ma allo stesso tempo di attivare una politica dei visti che consenta ai credenti perseguitati di accedere allo status di rifugiato senza dover ricorrere a complicate vie di fuga che fanno cadere in mano ai trafficanti di vite umane.
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