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La politica di Papa Francesco

Un interessante recente articolo di Antonio Spadaro evidenzia i tratti della diplomazia di Papa Bergoglio. Nel Novecento la Chiesa cattolica ha largamente sviluppato la sua azione politica in più direzioni.  Andrea Riccardi nei suoi libri ha ampiamente esaminato le politiche della Chiesa dalla vigilia della seconda guerra mondiale fino ai nostri giorni. Evidentemente la Chiesa ha una sua “politica” su quasi tutti gli scenari del mondo. Esiste una politica della Santa Sede che non si esaurisce nelle relazioni diplomatiche tra il Vaticano e un governo, neanche si identifica con i rapporti tra un governo nazionale e i cattolici di quella nazione. La politica della Chiesa di Roma – osserva Riccardi – è dunque qualcosa di complesso per il suo strutturarsi e per le motivazioni e gli impulsi che la animano.

Nel consueto incontro d’inizio anno con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, Papa Francesco ha evocato con forza la prospettiva della misericordia, affermando chiaramente: «La misericordia è stata come il “filo conduttore” che ha guidato i miei viaggi apostolici già nel corso dell’anno passato». Significativamente nella sua prima ampia intervista del 2013, pubblicata su Civiltà Cattolica, Papa Francesco affermò che «Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa». Per il Papa la misericordia  può essere un potente veicolo di trasformazione della storia. «Misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo», disse nel corso di un Angelus.

Proprio in questo senso – osserva acutamente Spadaro - la misericordia, con il suo impatto sul significato teologico della storia, può avere anche un valore politico. Questo concretamente significa pensare la riconciliazione nello scenario internazionale come un obiettivo praticabile. Significa non rassegnarsi mai dinanzi alle vicende dolorose degli uomini e della storia, come la guerra. Nulla è irreparabile. A tal proposito ha scritto Francesco: «Ãˆ auspicabile che anche il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto». Papa Francesco e la Santa Sede vogliono sottrarsi alle logiche di schieramento, muovendosi liberamente. Questo spiega la volontà a non considerare emarginabili interlocutori come l’Iran e la Russia di Putin, a mostrare un chiaro interesse a realizzare un ponte diplomatico con la Cina. In altri termini, la «geopolitica» bergogliana intende risolvere e a sciogliere le incomprensioni, con le parole del Vangelo, cioè della misericordia, sperando ed immaginando una convivenza umana e un’azione politica che parli il linguaggio della riconciliazione con il nemico, senza escluderlo. Una politica che vuole, inoltre, toccare da vicino le ferite del mondo. In tal senso, si spiega perché Papa Francesco ha voluto assolutamente visitare Bangui, martoriata capitale della Repubblica centroafricana, malgrado le fortissime pressioni diplomatiche e giornalistiche esercitate su di lui e sulla macchina organizzativa. Ecco perché l’apertura della Porta Santa della Cattedrale di Bangui non è stato soltanto un momento religioso. Ha avuto un chiaro significato politico, per un Paese che stava vivendo una drammatica guerra civile. Come ha detto al Congresso degli Stati Uniti: la nostra «dev’essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia. Ci è chiesto di fare appello al coraggio e all’intelligenza per risolvere le molte crisi economiche e geopolitiche di oggi».

Una politica che ha come pilastri la pace e la difesa dei poveri. Per Papa Francesco la misericordia si coniuga attraverso la solidarietà, intesa come impegno e responsabilità per il bene comune. Non a caso Francesco ha detto al Corpo diplomatico che non si possono «pensare nell’attuale congiuntura soluzioni perseguite in modo individualistico dai singoli Stati, poiché le conseguenze delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità internazionale». Pertanto gli Stati sono «chiamati a rinnovare le loro relazioni con gli altri popoli, permettendo a tutti una effettiva partecipazione e inclusione alla vita della comunità internazionale, affinché si realizzi la fraternità anche all’interno della famiglia delle nazioni». 

Antonio Salvati

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