Se tante folle dicessero, come a Barcellona: “Basta scuse, accogliamoli!”
Un antica regola del giornalismo dice che non fa notizia il cane che morde l’uomo ma l’uomo che morde il cane.
Eppure non sempre tale regola è rispettata. In un tempo di populismi e di sovranismi, mentre quattro gatti che bloccano una città si autoproclamano “popolo”, avrebbe meritato più attenzione e più favore sulla nostra stampa (ma si segnalano comunque riflessioni interessanti, quale quella di Mario Giro su Huffington Post, “Perché avere paura? La lezione di Barcellona sull'accoglienza”, http://www.huffingtonpost.it/mario-giro/perche-avere-paura-la-lezione-di-barcellona-sullaccoglienza_b_14916476.html) la manifestazione controcorrente che si è svolta nei giorni scorsi a Barcellona.
160.000 persone secondo la polizia, 500.000 secondo gli organizzatori sono scesi per le strade della città catalana per chiedere di poter accogliere più rifugiati.
Incredibile dictu in un’Europa impaurita dall’Altro! In piazza per offrire asilo a coloro che scappano dalle guerre. Per incoraggiare l’apertura di canali umanitari. In piazza per rifiutarsi di restare inerti di fronte allo spettacolo di uomini, donne, bambini in balia degli elementi avversi nel Mediterraneo ovvero preda delle mafie del trasporto umano.
A chiamare la folla alla mobilitazione, dopo che il governo Rajoy aveva permesso l’ingresso di solo 1100 dei 16.000 profughi che si era impegnato ad accogliere in base del sistema di riallocazione fissato dalla UE (quella folla ha quindi manifestato anche per alleggerire la pressione sull’Italia), è stata il sindaco, Ada Colau.
Sarà per antipatia verso Madrid. Sarà per uno spirito catalano, più trasgressivo di quello castigliano. Fatto sta che al grido di “Basta scuse, accogliamoli!” in tanti hanno marciato per qualcosa che in tanti paesi europei è fantascienza pensare. In tanti hanno condiviso le parole della sindaca con un passato di leader dei movimenti per la casa: “Vedere bambini morire in mare mentre le mafie si arricchiscono, non è sopportabile per i nostri concittadini. Siamo pronti ad accogliere in maniera ordinata le persone che scappano dalla guerra. Gli stati sono lenti e pavidi, le città, al contrario, sono i luoghi dove le cose si risolvono in maniera concreta. Noi possiamo allestire tutte le strutture del caso, e lo abbiamo fatto”.
Una manifestazione, quindi, che è stata un segnale di civiltà e che forse avrebbe meritato le prime pagine dei giornali molto più di certi “hate speech” che campeggiano su alcuni dei nostri quotidiani e che servono solo a farci sentire vittime di un'invasione che non esiste.
Il problema non è quello dei barbari alle porte. Il problema, purtroppo, è quello di una barbarie alle porte delle nostre coscienze.
Francesco De Palma
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