“L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore”: Caproni e una maturità “polifonica”
In 500.000 hanno appena affrontato la prima prova dell’Esame di Stato, il tema di italiano. Piuttosto tranquillamente se devo giudicare dal mio piccolo angolo visuale di commissario esterno.
Più agitati alcuni commenti che circolavano in rete e che si appuntavano in particolare sulla scelta di un autore minore del nostro Novecento, Giorgio Caproni, per l'analisi del testo.
Va detto, in effetti, che sono pochissimi i docenti di Letteratura che si soffermano su Caproni. Io non l’ho mai fatto studiare. Ma mi sembra che chi critica le tracce di quest’anno - peraltro criticabili, ci mancherebbe, siamo tutti commissari tecnici della Nazionale … - partendo da tale scelta in controtendenza fa forse confusione con la propria maturità, con un tempo in cui il tema di letteratura era “il” tema. Ormai la prima prova è una piccola sinfonia di titoli, che si articola in quattro tipologie, per un totale di sette opzioni. Ed è a queste opzioni che occorre guardare per capire “perché Caproni”.
La natura (e la sua salvaguardia) è il “tema” dei “Versicoli quasi ecologici” del poeta livornese. Ancora la natura, “tra minaccia e idillio in arte e letteratura”, è la traccia per il saggio breve artistico-letterario. Le nuove tecnologie, invece, sono al centro di altri due saggi brevi, sul lavoro, sulla robotica, sul futuro. Mentre il saggio breve storico-politico ha dato spazio ai disastri naturali (alluvione di Firenze, il terremoto dei mesi scorsi) e alla ricostruzione. Mentre il tema storico si è focalizzato sul miracolo economico. E il tema d’ordine generale ha chiamato i candidati a riflettere sul progresso.
Chiudendo in pratica il cerchio.
Uomo, natura, ecologia, lavoro, vero e falso progresso, tecnologia, futuro. Mai come quest’anno la polifonia delle tracce ha fatto sì che tutto si rimandasse di continuo, l’un titolo con l’altro. Tanto che più di un ragazzo mi ha chiesto se poteva utilizzare i contributi proposti in una traccia diversa da quella scelta per il proprio tema.
E allora, viva anche Caproni, i suoi versi semplici, che ci fanno pensare a come abitiamo la Terra, a come ci prepariamo a lasciarla alle generazioni che verranno: “Non uccidete il mare, / la libellula, il vento / […] L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore”. Versi che non vanno giudicati col metro del professionista, ma con quello del cittadino responsabile che tutti dobbiamo aspirare a diventare.
Francesco De Palma
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