Non lasciamoli soli
Pensare,
e pregare, “in romanesco”. E’
l’invito di Papa Francesco all’apertura del Convegno della diocesi di Roma –
iniziato il 19 giugno in un’affollata Basilica di San Giovanni - ad agire “in dialetto”: “Non per rinchiudersi e ignorare il resto – siamo sempre italiani – ma
per affrontare la riflessione, e persino i momenti di preghiera, con un sano e
stimolante realismo”. Il tema del convegno “Non lasciamoli soli” è dedicato all’adolescenza. Si potrebbe dire
che il Papa su questi temi “ce pija”,
più di un raffinato studioso di pedagogia. Infatti, non si è limitato soltanto ad
esortare ad accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti: “Non abbiate paura di ‘camminare’ per i
vostri quartieri, e pensare a come dare impulso a un accompagnamento per i
genitori e gli adolescenti”. Ha fornito indicazioni preziose, premettendo
che “la vita delle famiglie e
l’educazione degli adolescenti in una grande metropoli come questa esige alla
base un’attenzione particolare e non possiamo prenderla alla leggera”. Assai
significativi alcuni passaggi del suo intervento. Innanzitutto, “l’adolescenza
non è una patologia e non possiamo affrontarla come se lo fosse”. “Un
figlio che vive la sua adolescenza, per quanto possa essere difficile per i
genitori, è un figlio con futuro e speranza”, ha detto Francesco, rovesciando
la prospettiva con cui questa fase della vita dei figli viene in genere
affrontata dai genitori e dagli educatori. “Mi
preoccupa tante volte la tendenza attuale a ‘medicalizzare’ precocemente i
nostri ragazzi”, afferma allarmato il Papa. “Sembra che tutto si risolva medicalizzando, o controllando tutto con lo
slogan ‘sfruttare al massimo il tempo’, e così risulta che l’agenda dei ragazzi
è peggio di quella di un alto dirigente”.
E’ evidente che l’adolescenza “fa parte della crescita normale, naturale
della vita dei nostri ragazzi. Dove c’è vita c’è movimento, dove c’è movimento
ci sono cambiamenti, ricerca, incertezze, c’è speranza, gioia e anche angoscia
e desolazione. Inquadriamo bene i nostri discernimenti all’interno di processi
vitali prevedibili. Esistono margini che è necessario conoscere per non
allarmarsi, per non essere nemmeno negligenti, ma per saper accompagnare e
aiutare a crescere”. “Non è tutto indifferente, ma nemmeno tutto ha la stessa
importanza”, la tesi del Papa, secondo il quale “bisogna discernere quali battaglie sono da fare e quali no”.
Come non condividere questa constatazione del
Papa: “I ragazzi vogliono essere ‘grandi’
e i ‘grandi’ vogliono essere o sono diventati adolescenti”. “Non possiamo ignorare questa cultura, dal
momento che è un aria che tutti respiriamo”, ricorda Francesco, secondo il quale “oggi c’è una specie di competizione tra genitori e figli; diversa da
quella di altre epoche in cui normalmente si verificava il confronto tra gli
uni e gli altri”. “Oggi siamo passati dal confronto alla competizione”,
insiste il Papa. “I nostri ragazzi oggi
trovano molta competizione e poche persone con cui confrontarsi. Il mondo
adulto ha accolto come paradigma e modello di successo l’eterna giovinezza.
Sembra che crescere, invecchiare, ‘stagionarsi’ sia un male. È sinonimo di vita
frustrata o esaurita. Oggi sembra che tutto vada mascherato e dissimulato. Come
se il fatto stesso di vivere non avesse senso”.
Il
Papa in conclusione ha suggerito di “recuperare
quel principio spirituale così importante e svalutato: l’austerità”. “Siamo entrati in una voragine di consumo e
siamo indotti a credere che valiamo per quanto siamo capaci di produrre e di
consumare, per quanto siamo capaci di avere”.
Infine,
la citazione dell’Amoris Laetitia: “La storia di una famiglia è solcata da crisi
di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza. Bisogna
aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno
intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione. Non
si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici
in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da una nuova tappa”.
Antonio
Salvati
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