“Lasciati andare”, quando l’amicizia si fa terapia.
Nel film di Francesco Amato,
ambientato a Roma, un magistrale Toni Servillo è Elia Venezia, uno psicanalista
ebreo, che vive ed esercita a Roma, il quale, in virtù del suo distaccato
sapere scientifico e della sua connaturata indolenza, cura i suoi pazienti
guardandoli senza vedere. Non vede, cioè, le ripercussioni negative, sul piano
emotivo e della guarigione, dei suoi giudizi drastici e delle sue diagnosi
senza appello. Accade pertanto che i risultati delle sue terapie siano
deludenti e fallimentari. Come lo sono le sue relazioni private.
Contribuiscono a rendere l’idea
di un clima fatto di abitudini ed individualismi, alcune scene comiche. Ad
esempio quella dove Elia si inalbera con la vedova Terracina che ha,
puntualmente, bloccato l’ascensore durante lo Shabat, perché vuole si rispetti,
tutti!, la festività; oppure la scena dove il figlio di Elia ricorda al padre
il suo egoismo rammentandogli il particolare che, quando la moglie era in
ospedale, Elia andava a visitarla solo al momento dei pasti, per approfittarne.
A dare una svolta a questo
percorso, è proprio la conseguenza di un altro vizio di Elia : quello della
golosità, che, appagata senza freni, persino durante le sedute di lavoro, lo
induce a dover prendere seri provvedimenti onde evitare il rischio diabete.
Interverrà, quindi, un incontro
che si rivelerà rivoluzionario e terapeutico nella vita dello psicoterapeuta.
Quello con Claudia, una spagnola “sciroccata”
(come la definisce Elia) che gli farà da personal trainer, e che lo aggancia
puntando sulla sua avarizia (gli fa un’offerta economicamente più vantaggiosa
della iscrizione in palestra), rivelando, altresì, una capacità di intuizione
superiore a quella di Elia. Questi, paradossalmente, nella sua cecità, non
afferra che Claudia si è nascosta nella sauna per sfuggire alla moglie del titolare
della palestra, del quale è l’amante, mentre Claudia inquadra Elia in pochi
minuti.
Avvincenti, in questa commedia,
sono le sfaccettate e complesse dinamiche fra Elia e la sua ex moglie, dalla
quale è separato ma ancora innamorato. Magistrale anche la Signoris nel ruolo
di Giovanna, donna defilata ma presente ancora nella vita del suo ex marito:
gli porta ancora la biancheria lavata “ma non più stirata”, precisa Elia. Lo
continua ad accudire, quindi, ma in modo più emancipato e dissimulando, a sua
volta, un attaccamento ed una gelosia che riaffiorano quando lo vede andare a
teatro accompagnato dalla avvenente Claudia, e legarsi a questa figura con un
feeling naturale e spontaneo.
D’altro canto, Claudia dimostra
di non essere solo una sciroccata, ma rivela qualità umane e di pensiero non
indifferenti. Spiegherà ad Elia, con una simpatica ed illuminante metafora
edilizia, come Es, Io e SuperIo possano paragonarsi rispettivamente alle
fondamenta di un edificio, all’edificio e ad un attico dello stesso, e che, in tale prospettiva, entrambi, lei
trainer di ginnastica, lui psicoterapeuta, si possono dire colleghi intenti ad
occuparsi, in qualche modo, di “ristrutturazioni”. Laddove Claudia ristruttura
il corpo, Elia pensa alla psiche.
Gli allenamenti e le peripezie
che vivrà Elia, guidato dalla vulcanica Claudia e dalla sua incendiaria
figliola, lo trasformeranno radicalmente, e, in contemporanea ai relativi
mutamenti di Elia, anche i suoi casi clinici si sbloccheranno: ad esempio il
paziente che non prendeva mai l’ascensore e non si arrabbiava mai, le cui
fisime e paranoie facevano quasi da contraltare, nelle prime scene del film,
alla indolenza e rassegnazione di Elia, riuscirà a vincere i suoi blocchi.
Quindi la rivoluzione interiore
appartiene a tutti, ed è fonte di contagio vicendevole, facendosi storia a
lieto fine, ma non banale.
Una menzione speciale meritano
Giacomo Poretti, nel ruolo del vendicativo ed egocentrico ing. Biraghi, ex paziente di Elia, poi Luca
Marinelli, nell’interpretazione di Ettore, il balbuziente amico di Claudia, bravo
caratterista in un formidabile cameo, nonché Valentina Carnelutti, nella
delicata parte di Paola, convivente ed amica di Claudia, la quale, nel dare
aiuto, invade gli spazi di Claudia più di quanto non sia opportuno, quasi a
rubarle quel ruolo di madre che, per insicurezza, Claudia si era convinta di
non essere in grado di gestire. Ma, anche in questa questione, risolutorio ed
illuminante sarà il rapporto d’amicizia e l’intervento di Elia a rimettere a
posto cose e persone.
Veronica Echegui, è vivace e
perfetta nella parte della “sciroccata” Claudia, sublimi Servillo e la Signoris.
Nel complesso, un cast eterogeneo
ed amalgamato per la trama, ben intessuta e piacevolmente ritmata, di questo
film delizioso ed intelligente.
Silvia Chessa
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