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Germania, il mugugno del benestante ...

L’esito era ampiamente previsto, le percentuali dei voti reali sono risultate molto vicine a quelle ipotizzate nei sondaggi. Eppure la fotografia della Germania così come emerge dalle elezioni di domenica scorsa è sorprendente. E preoccupante. 
Sorprendente perché, ha scritto Paolo Balduzzi, “per quanto annunciati dagli ultimi sondaggi, i risultati appaiono” paradossali, “se si guarda all’andamento economico della Germania negli ultimi anni”. Preoccupante perché le recenti sconfitte dei movimenti populisti e xenofobi nei Paesi Bassi e in Francia avevano fatto ritenere che per i partiti “antisistema” fosse iniziata la parabola discendente.
E invece no. Il populismo e la xenofobia saranno compagni degli europei per un tempo che si preannuncia non breve. Con l’aggravante che, se non hanno saputo resistere alla tentazione dell’urlo e della rabbia i posati e razionali tedeschi - “Sul piano simbolico il quasi 13% di AfD in Germania vale quanto un 25% populista in un altro paese”, ha scritto Lorenzo Monfregola -, chi potrà farlo? Le nostre folle mediterranee a volte così umorali e provinciali? Bisogna comunque continuare a sperare nel buon senso e nell’umanità di tutti i popoli europei.
Certo, l’immediato futuro è un’incognita.
I risultati tedeschi, con l’arretramento congiunto CDU-SPD, rende complessa la formazione di una maggioranza. L’unica certezza è che la Merkel sarà cancelliera per la quarta volta. Di un governo di colazione. Ma i nodi da sciogliere sono molti. “Der Spiegel” ha scritto che il paese è stato governato per (troppi) anni da una coalizione di larghe intese, che i due maggiori partiti sono troppo simili agli occhi degli elettori. Questo renderà difficile il ritorno della SPD al governo. E, d’altra parte, non è detto la FDP voglia cedere alle richieste CDU, in particolare sui temi europei. 
Il problema è che i partiti premiati dagli elettori sono proprio quelli euroscettici (Alternative für Deutschland) e europerplessi (FDP). Il rilancio dell’Europa che si poteva sperare se, sull’onda della vittoria di Macron, anche Berlino e Roma avessero seguito, si preannuncia più complesso del previsto. 
Del resto, il problema maggiore è il proiettarsi di un’ombra scura sul paese cuore del continente, sul paese guida dell’Unione. AfD ha raccolto consensi puntando quasi unicamente sul tema migratorio. E accompagnando la sua campagna con una pervasività sui social media di cui è stata testimonianza l’insistito lancio di tweet spesso incendiari. Pare che oggi, a minacciare il quieto vivere tedesco, sia la paura dei profughi. “Non è certo un caso se il duello televisivo tra Merkel e Schulz, andato in onda il 3 settembre scorso, abbia dedicato ai migranti” la metà del tempo a disposizione, aveva scritto tre giorni prima del voto Giovanni Boggero. E, più recentemente, ha notato ancora Monfregola: “‘Der Spiegel’ ha pubblicato i risultati di una ricerca sociologica basata su lunghe interviste fatte a cittadini tedeschi […]: ‘Quello di cui la gente voleva parlare era la crisi dei rifugiati, la crisi dei rifugiati, la crisi dei rifugiati’. Lo studio conferma l’enorme impatto, non solo pratico ma anche simbolico, della questione immigrazione in Germania. La verità è che l’arrivo dei nuovi immigrati [ha sfidato] la volontà tedesca di accettare realmente una società multiculturale, al di là dei buoni propositi da prima della classe dell’ordine liberale (che rimangono ancora maggioritari)”. 

Chi ha paura dei migranti nella prospera e stabile Repubblica federale? A guardare i dati sembra siano soprattutto due tipi di elettori. Il primo profilo è quello che ci si poteva aspettare di incontrare: gli strati sociali più deboli della ex DDR; è tra operai e disoccupati che AfD si rivela essere il primo partito. Quel che colpisce, però, è la seconda tipologia cui accennavo: un profilo più sorprendente, che emerge guardando ai collegi in cui AfD è risultato il secondo partito. Ovvero i collegi a Est, ma anche tanti più a sud, nella ricca e cattolica Baviera, nel in Baden-Württemberg.
La Merkel ha un problema in casa. Come ricorda Riccardo Pennisi, “il partito è stato fondato […] da un gruppo di economisti e professori universitari ex CDU”, distanti dalla linea mediana e umanitaria della cancelliera. Ma anche la Germania ha un problema in casa. Perché quando la media e l’alta borghesia del Land più in salute comincia a covare lo stessa frustrazione, lo stesso mugugno, la stessa reazione identitaria del povero Est, non è un buon segno. C’è un’alleanza tra i nuovi poveri e il mondo della borghesia benestante che rischia di saldarsi in un inno alla paura e alla chiusura, nel sogno di escludere tutto ciò che turba l’ordine cui si è abituati.
Mi sembra che domenica scorsa si sia ripetuto quanto già avvenuto con il movimento PEGIDA (Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente la sigla in tedesco), che Notizie Italia News aveva segnalato in un blog, “Società e Chiesa in Germania sulle marce anti-islamiche”. Ovvero con le manifestazioni svoltesi a Dresda, Berlino, Colonia, etc., che ponevano l’accento sull’“eccessivo” numero di stranieri nel paese. Come segnalava allora la stampa tedesca, “il 13%” - guarda caso la percentuale spuntata da AfD domenica scorsa - “dei cittadini si dice disposto a manifestare al fianco di PEGIDA se il gruppo tenesse una marcia nella sua città”. E, come scrivevamo, “si sottolinea come l’adesione alle sue parole d’ordine coinvolga non soltanto i tradizionali militanti xenofobi, quanto piuttosto si allarghi ai cosiddetti ‘Wutbürger’, i cittadini arrabbiati, che si sentono vittime di una globalizzazione che muta i loro consueti punti di riferimento e contestano i ‘privilegi’ di cui godrebbero immigrati, rifugiati, minoranze in genere”. 
Ecco, la brutta notizia è che questi cittadini arrabbiati non sono solo i marginali dell’Est, ma i tranquilli borghesi di una delle regioni più ricche e sicure del mondo.

Francesco De Palma

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