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Alzheimer, un ospite inatteso


E’ ormai una consapevolezza comune ritenere quanto sia stato rilevante e necessario il ruolo della letteratura e dell’espressione artistica nel suo complesso svolto – e che continua a svolgere - a favore della promozione dei diritti civili e della dignità umana. Nella letteratura, specialmente nelle sue opere capitali, convergono tutti i grandi problemi suscitati nella mente umana dalla condizione mortale; e tutte le inquietudini dell'animo e le aspirazioni relative e supreme. Una cultura letteraria non posticcia, ma accurata e meditata, pone al centro l'esperienza umana e giova a costituire una mentalità comprensiva nei riguardi di tutti gli aspetti, dalla virtù all'abiezione, della persona dell'uomo. Con la letteratura non si scherza, direbbe lo scrittore serbo Zoran Živkovic. Sono solo considerazioni che vengono in mente leggendo il simpatico e apprezzabile volume Alzheimer mon amour (2013), della francese Cécile Huguenin.


In questo libro, si tratteggia con tenerezza la vicenda di una donna (l’autrice) che deve fronteggiare la degenerazione cerebrale del suo compagno di una vita, preludio di una morte che naturalmente non si farà troppo attendere. Avventura difficile e drammatica, seppur assai diffusa nelle nostre società, nonché poco discussa, anzi taciuta, scarsamente affrontata dal pubblico dibattito.
La malattia di Alzheimer è una patologia neurologica degenerativa che colpisce il cervello, conducendo progressivamente il malato a uno stato di totale dipendenza, creando quindi una situazione molto complessa e difficile per la famiglia che lo deve assistere. Il progressivo invecchiamento della popolazione fa aumentare i casi di insorgenza della patologia. Gli anziani che presentano varie forme di demenza sono saliti ormai a 1,3 milioni, che rappresentano il 10% circa dei 13 milioni di ultrasessantenni del nostro Paese. Purtroppo, non sono disponibili cure farmacologiche risolutive e l’assistenza grava per l’80 % dei casi sulla famiglia che deve dedicare l’intera giornata alla gestione del malato pagando un importante prezzo sia in termini di stress psicologico che in termini economici. Sebbene medicina e farmacologia abbiano fatto progressi, la famiglia rimane, quindi, il principale e continuativo sostegno per il malato di Alzheimer.
Cécile Huguenin racconta il lento declino che, lontana da ospedali e case di cura, ha condotto suo marito al definitivo spegnimento e la coppia, come si legge anche in quarta di copertina, a vivere un lutto prima ancora dell’arrivo della morte. Varie domande si pone l’autrice nel corso della narrazione: come si vive, e come si reagisce, quando un caro sta morendo a poco a poco? come si fanno i conti con la morte? come si accetta l’incipiente evento postremo nella continuità del suo palesarsi giorno per giorno? come si affrontano la medicalizzazione e l’ospedalizzazione in questi casi? è possibile rendere docile la morte e la malattia per farle ridiventare eventi familiari e domestici? Di fronte a tale questioni diviene necessario adottare una narrazione pervasiva e quanto è rivitalizzante – anche per un medico - coltivare la capacità di raccontare e condividere le proprie storie professionali e non, di sottoporle a un’indagine riflessiva: pensiamo per storie e le storie ci fanno pensare.
"Dio creò l'uomo perché gli piacciono le storie", ha scritto Elie Wiesel ne Le porte della foresta, e l'uomo invece crea le storie come segno, talmente pervasivo da risultare quasi tangibile, della propria strana presenza nel mondo.
Jonathan Gottschall – che da poco ha pubblicato L'istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani - non ha dubbi: l'uomo è "un animale che racconta storie" e lo fa da tempi remotissimi, nei modi più diversi ma sempre con la stessa capacità naturale di creare, immagazzinare, rielaborare narrazioni.


Antonio Salvati

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