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L'ora di veri maestri ...

Quanto di recente accaduto, gli scherni antisemiti degli pseudo-tifosi di una squadra di calcio, il vile pestaggio contro due lavoratori stranieri a Roma, il tentato omicidio di un senza fissa dimora a Torino, riporta alla ribalta il problema dei problemi: il vuoto educativo di cui soffre parte della generazione più giovane, nonché, ancor più colpevolmente, tanti adulti; il sonno della memoria, della ragione e della pietà che gente spaesata e confusa, impaurita e aggressiva insieme, finisce per vivere. 

“Un’aggressione razzista a pochi metri dai palazzi dove tante famiglie ebree vennero deportate [p.zza Cairoli e di fronte al vecchio ghetto della capitale]. Ho capito che questo è l’inizio di qualcosa. Soltanto l’inizio spero, ma di qualcosa che dobbiamo arginare”, ha dichiarato in un’intervista Jhumpa Lahiri, scrittrice americana Premio Pulitzer da tempo trapiantata a Roma.
L’argine al vento violento che sta soffiando è un compito comune. Della politica. Dei media, che in maniera ormai incontrollata veicolano messaggi di odio e di disprezzo, di alterità e di contrapposizione. Di tutta la società civile. E della scuola.
Perché chi comprende ha meno paura, è meno disorientato, è meno strumentalizzabile. Perché chi oggi si affaccia alla storia chiede parole, letture, sguardi, sogni; chiede di non essere solo. Il nostro è un tempo di tanti cattivi maestri. Cui occorre affiancare ancor più numerosi buoni maestri.
Ha scritto Davide Ferrario: “E’ difficile pensare [oggi] a intellettuali che si pongano, come nel passato, quali maestri capaci di rappresentare qualcosa di più grande di loro stessi”. Eppure, aggiunge lo scrittore e regista lombardo, “un mondo fortemente disorientato” come il nostro avrebbe appunto bisogno “di veri maestri”. 
Come dargli torto? I giovani sono lasciati preda delle mode. O, peggio, di parole che sono pietre. In assenza di veri maestri è facile cadere preda degli affabulatori, degli impostori, dei violenti. E’ quello che accade ai giovani radicalizzati, ad esempio; e ci spaventa. Ma è quello che accade anche ai tanti cui si offre il facile gioco del capro espiatorio di un’identità chiusa; e dovrebbe spaventarci altrettanto.
Il mondo è pieno di cattivi maestri. Ma continuiamo a seguire Ferrario nella sua riflessione sui veri maestri: “Durante le riprese del documentario che sto girando ho conosciuto Noman Ali Hussein. E’ un ragazzo pakistano di 23 anni, venuto in Italia quando ne aveva otto. Fa l’operaio metalmeccanico, vive a Brescia, è grosso come un armadio e ha un accento padano che nemmeno Salvini. L’ho intervistato sulla sua conoscenza della strage di p.za della Loggia, perché ai tempi delle superiori aveva lavorato un anno intero su quella memoria e con risultati tali che lui e i suoi compagni erano stati invitati al Quirinale […]. Ali, con il suo aspetto da Garrone di ‘Cuore’, è il prototipo dell’italiano del futuro, se un futuro avremo. Un cittadino nuovo, capace di mescolare la serietà dell’immigrato con la vivacità del carattere italiano; un giovane convinto che la cittadinanza è un diritto attivo, qualcosa che si deve coltivare attraverso la partecipazione. […] Se gli chiedi come ha fatto a diventare così, risponde senza esitazione: ‘Grazie alla scuola’ - un istituto professionale, il ‘Vantini’ di Brescia. E cita subito dopo il suo professore di Lettere, Diego Mutti, che ho voluto conoscere: un giovane laureato che è andato a insegnare in un professionale, piuttosto che in un liceo, perché si sentiva più utile lì. Con assoluta umiltà e dedizione sta costruendo i cittadini di domani a partire da un materiale umano grezzo ma meravigliosamente plasmabile. I Grandi Maestri sono forse scomparsi, ma esiste un esercito silenzioso di ‘piccoli maestri’ che continua a resistere e a lavorare nella scuola italiana”. 
E’ il miracolo di lavoro lento, oscuro, ma straordinariamente efficace. Che può salvare e salvarci tutti. E’ la sfida di ripartire dalla cultura, dalla curiosità per il sapere, dal rispetto per le regole. Ai margini delle nostra civilitas c’è un tessuto sfilacciato in cui gli unici presidi di umanità, di senso, di anima, sono gli istituti scolastici, le parrocchie e poco altro. Custodi di quel tesoro di sentimenti e di idealità che alberga nel cuore e nella mente di un ragazzo, di una ragazza, e che rischia di perdersi. Con danno incalcolabile, per il singolo e per l’intera società. 

Francesco De Palma

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