"La stella di Andra e Tati": le leggi razziali in un cartoon
Nei mesi scorsi è stato inaugurato a Palermo, un progetto dal nome “LARCADARTE”. Esso è un centro di produzione video-cinematografico che ha come obiettivo la comunicazione sociale con e verso i giovani, mediante i cartoni animati.
È un impegno originale, ancora unico nel suo genere.
La sua ultima realizzazione consiste in un cartoon di 26 minuti prodotto con la RAI FICTION e in collaborazione con la Regione Sicilia, finanziato con i fondi del progetto “I sensi contemporanei”, che mira a spiegare ai giovani cosa è la mafia, ma anche il bullismo e la prepotenza in generale.
Il progetto verrà fatto conoscere nelle scuole mediante la distribuzione di un opuscolo stampato per parlare e sensibilizzare i giovani su questi temi, volendo favorire una più pacifica convivenza.
Il progetto ha anche realizzato il cartoon “La stella di Andra e Tati”, che narra la storia di Alessandra e Tatiana Bucci, che da Fiume assieme alla madre furono arrestate e deportate in campo di concentramento, poiché ebree.
La sceneggiatura è stata scritta da Valentina Mazzola e da Alessandra Viola. Rosalba Vitellaro è la regista nonché produttrice.
L’opera vuole presentare e spiegare ai ragazzi un pezzo di storia italiana ed europea: quella delle leggi razziali promulgate in Italia nel 1938, che impediva ai cittadini di religione ebraica di fare quasi tutto, fino ad arrivare a togliere loro la cittadinanza. Leggi che si diffusero con la rapidità di un virus contagiosissimo, e colpì buona parte della popolazione che soggiaceva al regime nazifascista al potere.
Il cartoon narra con la delicatezza degli occhi di due bambine la durezza di un’esperienza molto più grande di loro. Con i loro occhi e il linguaggio di bambine, sono narrate le paure quotidiane che vivevano, le urla e le prevaricazioni dei militari che impartivano ordini con un linguaggio violento.
Nel cartoon le due bambine raccontano la deportazione, il lungo viaggio che le condusse al campo di concentramento e le durezze quotidiane, con la mamma che sono di rado poteva far visita alle bambine.
La voce narrante è di Andra Bucci, che a 4 anni venne deportata, con la sorella Tati di 6 anni, verso il campo di Auschwitz-Birkenau. Era marzo del 1944.
Al loro arrivo al campo furono fatte spogliare e rivestite con abiti grandi e sporchi. Ance loro, pur se bambine, furono marchiate indelebilmente sul braccio con un numero che contraddistingueva tutti i deportati. Dopo la liberazione, raccontano, non vollero che il numero fosse loro cancellato. Tati aveva il numero 76484, la sorella Andra il 76483.
Le sorelle Bucci sono tra le poche bambine che sono riuscite a sopravvivere alla durezza della vita nel campo di sterminio, negli anni hanno raccontato la vita del campo con dovizia di particolari, tra cui i traumi di vedere compagni di prigionia che un giorno c’erano ma che il giorno seguente scomparivano o per un capriccio di una SS, o per una malattia non curata, o perché selezionati per subire degli esperimenti ad operi di medici, ma anche per la fame…
In questa storia, la loro mamma le ha accompagnate fino a quando ha potuto. Portava loro del cibo che si sottraeva per alleviare la loro fame, fino a quando un giorno, le due sorelle non la videro più venire. Compresero dolorosamente che la loro mamma non c’era più.
Rimasero e sopravvissero nel campo fino al 27 gennaio 1945, giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa, aprirono i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e i sopravvissuti furono a mano a mano liberati e tornarono lentamente verso casa.
In aprile, il film di animazione della durata di 30 minuti, è stato presentato al Festival “Cartoons on the Bay” e, in occasione dell’80° anniversario dall’introduzione delle leggi razziali in Italia, verrà mandato in onda mercoledì 5 settembre, alle ore 15.45 su RAI3 e su RAI GULP.
Un cartoon da vedere assolutamente, istruttivo per i bambini e un richiamo ad una storia che ha ancora tante ferite aperte, con gli ultimi testimoni della Shoah, che mantengono viva la memoria “perché ciò che è stato non sia più”, scriveva tra gli altri anche Primo Levi.
Il MIUR ha deciso che il film verrà poi utilizzato nelle scuole come materiale didattico, ad integrazione del materiale già in dotazione per aiutare i docenti a trasmettere una vicenda così buia della storia della nostra civiltà.
Germano Baldazzi
Nessun commento
Posta un commento