Se Narciso votasse ...
Un libro molto interessante - e abbastanza inquietante - l’ultimo lavoro di Giovanni Orsina, “La democrazia del narcisismo. Breve storia dell’antipolitica” (Marsilio editore). Il politologo, docente alla LUISS ed editorialista su “La Stampa”, si è interrogato sulle contraddizioni interne del sistema democratico, fondate sulla promessa di soddisfacimento dei bisogni e dei desiderata degli elettori che, per forza di cosa, non potranno mai trovare pieno compimento.
Il volumetto è notevole, a mio parere, perché dice quel che un politico non potrà mai affermare - ma attenzione! già Churchill aveva capito che “il miglior argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con l’elettore medio” -, ovvero che sì, gli uomini delle istituzioni e dei partiti avranno i loro difetti, saranno antipatici, inconcludenti, corrotti; ma la “ggente” non è detto sia meglio ….
Orsina rilegge Tocqueville, Huizinga, Ortega Y Gasset, Canetti e Girard, che mettono in guardia contro le possibili torsioni del sistema democratico, destinate a divenire incontrollabili e trasformarsi in un meccanismo che produce capri espiatori. Almeno ove scompaia quell’autolimitazione del desiderio prodotta da particolari, felici condizioni (il ruolo di una fede o di un’ideologia, il pericolo ben presente di un autoritarismo). Ebbene, il guaio è - argomenta Orsina - che il votante di oggi non concepisce l’autolimitazione: è un narcisista strutturale, una monade che vede se stesso come misura di tutte le cose, uomo qualunque e insoddisfatto, spaesato e umorale, alla disperata ricerca di qualcuno che gli/le dia ragione.
Figlio di un tempo individualista, scettico, complottista, pieno di sé, cinico, il narcisista “non ascolta; rifiuta le interpretazioni e valutazioni della realtà che gli provengono dall’esterno; si fida soltanto del proprio giudizio. Il suo rapporto col mondo è interamente determinato dal filtro di una prospettiva soggettiva non educata, né maturata dal confronto”. La democrazia che ne risulta non è dunque debitrice del libero confronti delle tesi, di un maturo rapporto con i dati reali, di una seria valutazione delle proposte in campo. Le percezioni contano più dei fatti. La pancia più della testa. Del resto, già per gli antichi greci, la doxa, l’opinione, era il cuore della democrazia, ben più dell’epistheme, del sapere.
L’autore si concentra ovviamente sul caso italiano, legando l’attualità - la forza dei social, la crescita delle forze “populiste” - a qualcosa di più antico: “La fragilità della repubblica dei partiti, e in particolare la sua incapacità di dotarsi di una legittimità solida, fanno sì che nella penisola il processo di degenerazione del politico sia particolarmente grave, e possono quindi dar conto del collasso sistemico del 1992-93. In quel frangente s’ingenera nei confronti della politica un’ostilità così profonda e violenta da apparire sproporzionata rispetto alle responsabilità storiche del ceto di governo, pure notevoli, e più in generale alle cause della crisi”.
Da allora il divario tra politica e singoli non ha fatto che allargarsi. I tentativi di recuperare uno spazio alla politica (l’alternanza tra centrodestra e centrosinistra, il governo tecnico di Monti, la speranza incarnata da Renzi) sono falliti uno dopo l’altro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ha dichiarato Orsina: “L’impazienza, l’indignazione, la perdita di contatto con la realtà, diffusi fra gli elettori, sono tutti elementi che possono essere ricondotti alla degenerazione dell’individuo democratico in narcisista. Attenzione, però: questo non vuol dire che i narcisisti ‘cattivi’ votino per i populisti, e i non-narcisisti ‘buoni’ per i non-populisti. La crisi della democrazia è generalizzata, i tratti narcisisti sono n elemento diffuso e trasversale. I nuovi partiti sono figli di questa crisi; e sono anche un tentativo confuso, destinato con ogni probabilità al fallimento, di risolverla. Il problema è che i cittadini non sono disposti a dare alla politica le risorse di cui essa ha bisogno per rispondere a qualsiasi richiesta. Si genera così un circolo vizioso in cui la politica perde sempre più prestigio e credibilità: l’unica sua funzione è consentire ai cittadini di scaricare il loro risentimento”.
Francesco De Palma
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