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25 aprile. E’ sempre liberazione!


Siamo alla vigilia del 25 Aprile, giornata della vittoria della Resistenza sul nazifascismo. Dinanzi al tentativo diffuso (soprattutto a destra, ma non solo) di azzerare il conflitto tra fascismo e antifascismo (è morto il primo, congeliamo il secondo, e dunque il 25 aprile), diversi studiosi e uomini sensibili di diverse ispirazioni hanno sentito il bisogno di porre un argine a questo non innocente oblio. E’ opportuno correre in aiuto delle parole dello storico cattolico Pietro Scoppola, scomparso oltre dieci anni fa, che ho avuto il piacere di conoscere e, soprattutto, di ascoltare. Una volta – a proposito del 25 aprile - mi disse che sono stati proprio gli storici a dividere con le loro interpretazioni radicali e unilaterali, più che a unire, a lacerare il tessuto di una storia comune. Aggiunse significativamente che tutti sono stati liberati dal fascismo, anche i fascisti. Bisognava recuperare la categoria del ”vissuto” quale memoria comune delle grandi prove patite, un serbatoio di esperienze che include la guerra, la fame, il freddo, le illusioni, senza azzerare le differenze, senza mettere sullo stesso piano resistenti e attendisti, democratici e repubblichini, insomma antifascisti e fascisti. E poi ripeteva – quasi come un mantra – che l'antifascismo è un dato cromosomico della Costituzione repubblicana, proprio perché il fascismo ha avuto quello spessore, quella presa nella società italiana, quel consenso, proprio per questo l'antifascismo rimane un carattere irrinunciabile della nostra democrazia. Ricordava, infine, che la Chiesa cattolica, nella sua condizione super partes prima, e di parte, poi, nell’antifascismo, ha dato un contributo decisivo alla democrazia, affinché il Paese riuscisse davvero a dare forma e contenuto ai principali e fondamentali valori etici e morali.


Nel 1995 Scoppola pubblicò per Einaudi un libricino di notevole spessore 25 aprile. Liberazione, proprio, mentre in Italia imperversavano le polemiche sul 25 aprile (che evidentemente ci hanno sempre accompagnato). A noi piace autodenigrarci. I popoli, al modo delle famiglie, hanno bisogno di date simbolo in cui riconoscersi. I francesi celebrano il 14 luglio, la presa della Bastiglia. Gli americani il 4 luglio, l' indipendenza dagli inglesi. Tutte le monarchie hanno le loro feste dinastiche e chi più ne ha più ne metta. Eppure Scoppola sottolineò quanto “la storia dell’Italia unita è segnata da una domanda di liberazione che parte dal Risorgimento nazionale e si rinnova nella Resistenza. (…) La Costituzione del ’48 è ancora un punto di riferimento sicuro per indicare il cammino della liberazione (…)”.
Celebrare il 25 aprile – scrisse Scoppola - significa dunque aprirsi alla cultura della liberazione, all’idea di traguardi più avanzati di dignità e di libertà umana, a una idea di democrazia che coniuga tensione utopica e ricerca di adeguati strumenti istituzionali; significa aprirsi alla prospettiva di una lotta per la liberazione che continua oggi e deve continuare domani”. In questo senso, “il processo di liberazione non è mai compiuto: non è compiuto nelle coscienze dei singoli, non lo è nella vita sociale. La liberazione dell’uomo, di tutti gli uomini, dall’oppressione, dalla miseria, dall’ignoranza, dalla paura – e in una parola dal male – è un obiettivo sempre valido, sempre necessario e sempre aperto. La cultura della liberazione non implica un punto di arrivo, non ha, come la cultura della rivoluzione, modelli definiti di società da proporre, si coniuga con il realismo della politica, ma rappresenta un principio costante di non appagamento rispetto a tutti i risultati raggiunti e costituisce perciò quell’elemento di tensione utopica che tiene viva la democrazia e ne garantisce lo sviluppo”.


Sempre nelle conversazioni con Scoppola, di cui ho fatto cenno, restavo colpito della sua preoccupazione circa il rischio di fuga dalla libertà sempre incombente, citando Eric Fromm, il grande psicologo tedesco (che tanta importanza ha rivestito per quelli della mia generazione e di quella che ci ha preceduti). Com’è noto, Fromm rintracciava questo pericolo nelle società consumiste, sostenendo che “questo rischio si manifesta in forme che mutano”. Parole attualissime, seppur scritte durante la seconda guerra mondiale. E’ dunque possibile, nonché doveroso (soprattutto per le giovani generazioni) recuperare il significato intensamente popolare del 25 aprile. E’ giunto il momento che gli uomini e le donne, non solo di cultura, ripropongano questa immagine della Resistenza. Non possiamo scavalcare questo periodo di storia, altrimenti il rischio della perdita della libertà diventerebbe incombente. Buon 25 aprile!

Antonio Salvati

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