Roma, idee per la città
deliberata per Roma dal governo nazionale con le ultime decisioni prese dal ministro Alfano, in risposta alla stagione di Mafia Capitale.
La settimana che si è appena conclusa ha così traboccato di commenti sul nuovo asset capitolino, che hanno toccato tutti i possibili registri stilistici, anche se sono prevalsi per lo più i toni della critica severa, dell'ironia e del sarcasmo, equamente distribuiti tra l'intero - così una volta di chiamava - arco costituzionale.
Ma la nuova condizione politico-amministrativa della capitale d'Italia ha anche riproposto - opportunamente - la necessità di una riflessione più "profonda" sul futuro di Roma. Ad essa vorrei dedicare un po' di attenzione, segnalando alcuni interventi recenti.
È stato lo stesso papa Francesco a dare il tono - in diverse occasioni - della gravità della condizione in cui vive la sua diocesi. L'episodio - cui si accennava prima - del clamoroso funerale agostano a don Bosco ha mostrato che la presenza della chiesa nelle periferie non è immune dalla fragilità di questo tempo: pure, essa è un dato importante da cui ripartire:
Ma la nuova condizione politico-amministrativa della capitale d'Italia ha anche riproposto - opportunamente - la necessità di una riflessione più "profonda" sul futuro di Roma. Ad essa vorrei dedicare un po' di attenzione, segnalando alcuni interventi recenti.
Don Roberto Sardelli alle baracche dell'acquedotto Felice, 1970. |
Alcuni aspetti della crisi grave della politica romana - quella delle istituzioni ormai data per assodata e consumata - sono stati sinteticamente ma lucidamente tratteggiati dall'ex assessore veltroniano Roberto Morassut - che già lo scorso anno intervenne nel dibattito sulla città con un interessante volume. All'indomani del rovinoso funerale dei Casamonica a don Bosco, in una intervista a il Messaggero, egli ha ricordato gli anni d'oro della storica sezione locale del PCI, quando Ugo Gregoretti discuteva cogli operai, con la politica vicina alla gente, e la stagione (remota) della chiesa post conciliare (con l'emblematica esperienza di don Sardelli tra i baraccati dell'acquedotto Felice). Adesso, invece,
«la storica sezione di via Stilicone, a 200 metri dalla chiesa, due anni fa ha chiuso. Ora c'è un emporio cinese [...] anche la politica sul territorio non c'è più. Purtroppo la storia recente del Pd romano [...] ha annientato tante realtà sul territorio. Bisogna essere presenti ogni giorno [...] La sezione va riaperta subito, per collegarci alle associazioni che in questo quartiere sono molto forti in campo culturale, sportivo e sociale ma sono fuori dai partiti. Poi bisogna parlare della città e delle periferie. [...] Bisogna capire cosa sta succedendo nei quartieri. [...] E la politica troppo debole».Forse è per questo che l'iniziativa, almeno finora, più che dalla politica sembra essere stata assunta in ambienti della chiesa, che già nel 1974 volle affrontare - col convegno sui cosiddetti "mali di Roma" - una crisi altrettanto grave eppure così diversa. È da tempo che Andrea Riccardi va proponendo una "costituente" per risollevare Roma dalla sua fragilissima condizione attuale. La percezione è quella di trovarsi in una città senza reti, fragile e disorientata, senza una presenza politica in grado di offrire ai cittadini romani una lettura del presente ed una visione per il futuro.
È stato lo stesso papa Francesco a dare il tono - in diverse occasioni - della gravità della condizione in cui vive la sua diocesi. L'episodio - cui si accennava prima - del clamoroso funerale agostano a don Bosco ha mostrato che la presenza della chiesa nelle periferie non è immune dalla fragilità di questo tempo: pure, essa è un dato importante da cui ripartire:
«Nel vuoto delle periferie, tra tentazioni di ribellismo e reti illegali, resta poco. Non così poco, però, per non far partire un processo costituente di senso civico e di riflessione sulla capitale»,
ha scritto Andrea Riccardi sul Corriere della Sera lo scorso 23 agosto.
In una intervista all'agenzia SIR, ha poi osservato Marco Impagliazzo:
Paolo Sassi
In una intervista all'agenzia SIR, ha poi osservato Marco Impagliazzo:
Marco Impagliazzo |
«Credo [...] che la Chiesa dovrebbe lanciare una grande iniziativa di riflessione sulla città. Cosa vogliamo fare di Roma? Siccome questa iniziativa per almeno 10 anni non è venuta dalla classe politica, forse oggi la Chiesa potrebbe farsi carico di questa iniziativa [...]. la Chiesa ha una presenza capillare, è presente in tanti parti della città, ne conosce le sofferenze, ma anche le sue prospettive e le sue realtà positive. È rimasta l’unico o uno dei pochissimi luoghi di aggregazione pur con tutti i suoi limiti, anche se fa ancora fatica a mettersi in uscita come ci chiede papa Francesco.Anche su questo ragionava infine ieri - in una intervista a 360 gradi rilasciata ad Avvenire - Paolo Ciani: l'amministrazione civica, certo
Ma è sicuramente una Chiesa che ha toccato tante ferite della città, che ogni giorno si mette in ascolto dei dolori dei suoi dei suoi abitanti e soprattutto può con uno sguardo di Misericordia – come ci chiede il prossimo anno santo – tirar fuori qualche grande idea dalla sua storia».
«deve iniziare a fare il "minimo sindacale", ma poi bisogna avere un'idea globale della città da trasmettere al mondo. [...] il problema in questi anni non è stata la presenza di idee contrastanti, ma il vuoto di idee [...]. Quasi l'immagine di una città che non si aspetta più molto, delusa, che vive alla giornata, anche perché non trova ragioni per appassionarsi [...]. Il senso di deresponsabilizzazione personale è un problema che ci interpella anche come cristiani. È l'idea che, pagate le tasse, poi qualcuno deve pensare a far funzionare tutto», mentre la città non può offrire - col prossimo Giubileo - solo la contemplazione delle «vestigia della Roma antica e religiosa, ma anche una comunità cristiana viva».Diceva una bella canzone di qualche anno or sono che «settembre è il mese del ripensamento». Speriamo che questo settembre 2015 aggiunga qualche dono di visione per Roma ed i suoi cittadini, oltre alla perplessità di cui cantava - allora - il poeta.
Paolo Sassi
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